venerdì 26 agosto 2016

...e la Terra trema...


...mi ero detta no, non devi scrivere niente perché non c'è niente di sensato che si possa dire o scrivere davanti a tragedie come quella accaduta due notti fa, ma la tentazione di imprimere in un foglio i miei pensieri ha ora preso il sopravvento e allora mi lascio libera di esprimere qualche riflessione.
Un terremoto. Pochi istanti che sembrano infiniti. A Roma abbiamo percepito solo una forte vibrazione, letto che tremava, pareti che sembravano scricchiolare; a parte la paura, da noi non è successo niente rispetto a quanto nel frattempo stava accadendo in una rosa di paesi posti tra Marche e Lazio, ora devastati e, in alcuni casi, addirittura scomparsi. Inghiottiti dalla terra.
Un incubo che ci riporta alla dura realtà della fragilità umana.
Il rispetto per chi ha perso affetti, figli, genitori, cari, amici, case, tutto un quotidiano è infinito e dovrebbe essere alla base di ogni gesto, informativo, assistenziale e di solidarietà morale e materiale.
E mi spiace infinitamente sentire cronisti d'assalto rivolgere domande che sembrano un accanimento terapeutico straziante su corpi già devastati e provati dalla tragedia.
Mi spiace quando mi accorgo che ogni evento, anche il più tragico, può trasformarsi in un palcoscenico dove sinistri imbonitori danno fiato alle trombe per strumentalizzare il momento a servizio delle loro campagne ideologiche o del loro bieco egocentrismo.
Mi spiace accorgermi che ogni scusa è buona, per qualcuno, per sventolare le bandiere di uno sterile annichilimento sociale, culturale e politico.
Mi spiace quando sento inutili celebrazioni di doveri umani e professionali che sono l'abc del vivere in una comunità sociale evoluta. C'è un tempo appropriato per ogni cosa, anche per esercitare i propri diritti di opinione. Ma ci sono momenti in cui c'è un valore più profondo che va rispettato e celebrato. Nel silenzio, dietro le quinte, nell'appropriatezza dei toni e dei modi.
Ci sarà un tempo giusto per ragionare, responsabilizzare, cercare soluzioni e, ove occorra, per fare giustizia.
Ma nell'immediatezza è il tempo delle mani tese, delle maniche arrotolate o quanto meno, di un civile e riservato modo di approcciarsi alla gente e all'emergenza, a quegli adii che straziano il cuore.
E' il tempo di sentirsi tutti uniti, oltre il tempo, contro le calamità, persino al di là dell' umana debolezza. Quel tempo che si è maledettamente fermato alle 3.36 di una notte d'agosto ha bisogno di riprendere la sua corsa, ma per farlo occorre che tutti coloro che restano, che possono beneficiare ancora di un tempo di vita ne colgano la straordinarietà non dando mai per scontato neanche la più piccola opportunità e siano esempio di forza e speranza per chi, ora, ha perso, tra i detriti, anche quelle.