Per carità…sarà pure accattivante e romantica l’idea della persona
che arriva e ti salva...ma, personalmente, non credo molto alla funzione
“salvifica” l’uno dell’altro; meglio integrarsi nelle gioie e nei dolori reciproci
che compensarsi nei vuoti.
Quando la molla che fa avvicinare due persone è uno stato di
bisogno, la storia nasce su un presupposto assai precario e fragile. E’ come
iniziare a costruire un palazzo su un terreno argilloso.
Il film “Nessuno si salva da solo” non mi trova d’accordo nell'assunto
che il titolo vorrebbe suggerire. Io lo avrei trasformato in “nessuno salva
nessuno”. Non si dovrebbe investire chicchessia di questa responsabilità che
compete solo a chi vive la sua vita.
Il sentimento Vero può fiorire su terreni sani, in cui sia stato
già compiuto un lavoro di bonifica, in cui si siano già estirpati parassiti e
radici malate. Un lavoro impegnativo che ogni essere umano dovrebbe affrontare
nella piena autonomia e unicità del suo percorso. Solo così ci si avvicina all'altro
in virtù di una scelta consapevole e non di uno stato di bisogno che
difficilmente può reggere le prove, già di per sé impegnative, di una
condivisione quotidiana.
Quella tra i protagonisti, a me personalmente, non è mai parsa
“una Grande storia d’amore”…ok li univa il sesso (fino ad un certo punto, poi
manco quello…) e su questa illusione ormonale hanno fondato una pseudo storia.
Nemmeno il fatto di fare figli li ha resi due anime affini. Del
resto procreare non è necessariamente sinonimo o garanzia di creazione di Amore.
Delia e Gaetano, quando si sono incontrati, erano due persone
bisognose e si sono subito presi (“presi”, non scelti. Lontana da loro, in quel
momento, ogni barlume di consapevolezza). Secondo il mio parere, è solo dopo aver
fatto a pezzi una storia meramente sessuale che si sarebbe potuto intravedere
un possibile germoglio di storia tra due persone che, disinnescati gli artifizi
di due corpi piacevoli e di due anime affamate, iniziano a vedersi davvero per
come sono.
I temi “crisi di coppia-anoressia-fardelli generazionali”, si rivelano solo abbozzati, passati in
secondo piano rispetto ad una rappresentazione carnale e un po’ troppo superficiale
per riuscire a far percepire allo spettatore la profondità e l’oscurità di
queste tematiche.
Sul personaggio di Delia si percepisce un simbolo di speranza, di
guarigione, di evoluzione soltanto alla fine del film quando in una scena, arrendendosi
al fatto di avere fame, riconosce un suo bisogno e si nutre da sola, laddove in
una scena iniziale l’avevamo vista passiva, assente, farsi nutrire da lui con
un bignè strabordante di crema.
Accorgersi del dolore di una persona ammalata di anoressia non
significa semplicemente imboccarle del cibo. Il rifiuto, in quei casi, non è
solo un banale capriccio. Ma gli autori preferiscono non addentrarsi in questo
tema. Si limitano a rappresentare una reazione scontata. Mettono in scena uno
stereotipo. E non discuto l’abilità registica o la bravura nel rappresentare la
superficialità. E’ solo che da grandi registi e sceneggiatori mi aspetto sempre
quel guizzo di coraggio in più. Ma è un problema mio. Di aspettativa. Un
regista, un autore, non sono certo messaggeri inviati direttamente da Psiche e
Amore. ;-)
Chiusi e imperterriti nei ruoli interscambiabili di “vittima”/
“carnefice”, “affamata”/“saziante”, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca hanno
interpretato, con credibilità e notevole abilità l’apologia di un declino
sentimentale, offrendo un esempio, pur banale, di come sia facile lo sgretolamento
di mura erette su fondamenta impervie e immature.
Per
contrasto, dopo un film così impegnativo, vi propongo una ricetta molto
semplice, che racchiude nella sua freschezza, il sapore della primavera ormai alle
porte. E’ stata l’estate scorsa, nel meraviglioso Salento, che ho scoperto la soddisfazione
che anche un piatto estremamente semplice può dare, soprattutto se gustato sotto
le stelle, una notte di luglio, in una veranda in riva al mare, dopo aver
digerito la cena inerpicandosi a piedi fino al faro di Leuca.
Ingredienti:
-
Friselline
di farro integrale
-
Pomodorini
datterini o ciliegino
-
Olio
evo, un pizzico di sale
-
Basilico
e origano essiccati
-
Ciotola
con acqua per l’ammollo delle friselle
Spezzettate
i pomodorini, riunitili in una ciotola e conditeli con olio extra vergine di
oliva, sale, origano e basilico.
Mettete
dell’acqua in una ciotola. Ammollate le friselline (non troppo e non troppo
poco) e guarnitele con i pomodori conditi.
Data
l’essenzialità della ricetta, è d’obbligo in questi casi la qualità delle
materie prime che deve essere eccelsa (olio buono, pomodori idem). Risparmiamo
caso mai su una borsa o un paio di pantaloni, ma non sul cibo, un dono che
ingeriamo ogni giorno, più volte al giorno ;-)
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