venerdì 5 aprile 2013

ALTROVE...O SEMPLICEMENTE QUI...


Tempo fa lessi un libro dal titolo “Il rumore della pioggia a Roma” (…ultimamente direi un rumore alquanto frequente…) di John Cheever.
Su tutto mi colpì una frase: “quando si va via da un luogo per cercarne un altro…li si perde entrambi”.
Vivo sulla mia pelle il tumulto interiore che  provoca il trasferirsi in un’altra città rispetto a quella nella quale si è nati, l’adattarsi ad un nuovo ambiente, la conquista “ad honorem” di una residenza; e non mi riferisco certo a quella sancita da un certificato burocratico, ma a quella che si avverte quando ci si sente in pace, o almeno in armonia, con l’ambiente, geografico, umano, culturale, sociale, folkloristico intorno.
Un tempo ero quasi rassegnata all’idea che ci sarebbe sempre stato qualcosa che non avrebbe quadrato nel mio rapporto con i LUOGHI (lasciati e trovati);  quel qualcosa mi sembrava contenuto nel desiderio di propendermi sempre altrove, ma poiché “altrove”, è una meta irraggiungibile, non avrebbe mai potuto trovare soddisfazione, qualunque treno o direzione avessi preso. Oggi ho un pensiero diverso rispetto alla mia collocazione fisica nel mondo.
I luoghi non hanno più una rilevanza determinante del mio sentirmi arrivata. Per la verità non sono protesa ad arrivare da nessuna parte, che non sia semplicemente la terra dove poggiano i miei piedi.
È cambiata la mia prospettiva. Non bado più alla mia posizione nel mondo, ma al mio essere qui, ora, a prescindere dalla posizione stessa.
Il titolo di un altro libro, “Dovunque tu vada, ci sei già” di Jon Kabat-Zinn, descrive bene quella che è la mia aspirazione di oggi.
Non serve cercare nei luoghi, nelle condizioni esterne l’altrove che può renderci felici.
Il luogo a cui anelare è dentro di noi. Spesso è inaccessibile, perché neghiamo a noi stessi di prenderne parte.
Allora creiamo barriere, sovrastrutture, condizionamenti, arriviamo a sentirci stranieri, fuori posto, fuori luogo. E arriviamo a credere che solo cambiando le coordinate spaziali, potremo essere liberi e felici.
Ma se a cambiare non è il nostro atteggiamento, se non diventiamo sempre più ciò che siamo, se non coltiviamo il coraggio di seguire le nostre ispirazioni al di là dei tempi e dei luoghi, non servirà a niente andare altrove. Anche lì, altrove, ci raggiungerà il senso di disadattamento, di frustrazione, di sterile insoddisfazione. E questo perché ci continueremo a negare l’accesso all’unico posto in cui possiamo sentirci a nostro agio, sempre: la nostra anima.
Ci occupiamo del contesto, anziché cercare di prendere sempre più dimestichezza con le nostre aspirazioni. Disperdiamo energie a immaginare luoghi salvifici, lontano da noi, lasciandoci attrarre dal gusto poco responsabilizzante dell’altrove, anziché imparare a sfruttare le potenzialità della terra che già calpestiamo. Sogniamo mete lontane, intanto la nostra vita scorre sotto i nostri piedi e noi non la sentiamo più, non sentiamo né il rumore della pioggia, né quello dei nostri passi. Disattenti attraversiamo i luoghi, noncuranti calpestiamo l’erba. E poi, speriamo di ritrovarla più verde nel giardino di qualche nostro vicino (di casa, di città, di nazione).

“Tutto quello che è qui è altrove, tutto quello che non è qui non è da nessuna parte…” (Vishvasara Tantra)

Passando da un luogo all’altro, ora ci trasferiamo in cucina.
Vi propongo un plum cake molto essenziale, dai pochi ingredienti, ma dal gusto decisamente adatto alla colazione mattutina.


PLUM CAKE VEGAN
 
INGREDIENTI:

-       200 gr di farina di kamutt
-       2 cucchiai di fecola di patate
-       100 ml di sciroppo d’agave
-       80 ml di olio di mais
-       il succo di una arancia
-       50 gr di cioccolato fondente fuso
-       1 bustina di lievito biologico (cremor tartaro)
-       Qualche cucchiaio di latte di riso o di soia
-       zucchero di canna (da spolverare sopra il dolce prima di infornarlo)
  
Spremete l’arancia. Riunite in un boccale gli ingredienti liquidi (sciroppo d’agave, olio, succo di arancia).
In un recipiente versate la farina (potete anche mischiare farina normale e integrale), la fecola e il lievito; versare poi i liquidi e delicatamente mescolate.
Aggiungete anche il cioccolato fuso e se occorre regolate la densità con un po’ di latte di riso o di soia (l’impasto non deve essere né troppo denso, né liquido).
Versate in uno stampo oliato e infarinato e cuocete a 180^ circa per 35/40 minuti (fate la prova stecchino per controllare la cottura).

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