mercoledì 23 gennaio 2013

CLOUD ATLAS


Quando si parla di reincarnazione, destino, connessione tra gli uomini e sentimenti eterni, il rischio di apparire solo professatori “new age” o visionari è altissimo. Non sono temi “facili”, leggeri. Ma per chi abbraccia una visione della vita oltre il semplice velo di questa vita, sono argomenti sempre molto avvincenti e stimolanti.
“La nostra vita non ci appartiene. Dal grembo alla tomba, siamo legati agli altri. Passati e presenti. E da ogni crimine, da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro”.
Questa citazione è il leit motive di “Cloud Atlas”, un film ambizioso e complesso che, al di là del fatto che a me è piaciuto moltissimo (ma a voi potrebbe non interessare il mio punto di vista cinematografico...;-)), è indubbiamente un film da premiare se non altro per il coraggio dimostrato da registi, sceneggiatori e attori nel mettere in scena non tanto e non solo una vicenda epica, narrata facendo uso di sapienti tecniche di ripresa e dosando con giusta parsimonia effetti speciali e crudo realismo, quanto piuttosto una filosofia che certamente non sarà condivisa da tutti, ma affascinante e profonda. Decisamente un film coraggioso!
Con un cast di tutta eccellenza: Tom Hanks, Halle Berry, Hugh Grant, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Ben Whishaw, Bae Doona.

La tecnica di montaggio di questa pellicola è molto particolare: tanti spezzoni di storie ambientate in epoche e scenari diversi nei quali personaggi, eventi ed azioni si intrecciano in continui flashback e proiezioni vivaci che tengono desta l’attenzione. Infatti lo spettatore fino alla fine è stimolato a scoprire le connessioni tra passato, presente e futuro e le diverse evoluzioni o involuzioni dei protagonisti: questi interpretano vari ruoli che altro non sono che le loro stesse reincarnazioni in tempi e con sembianze fisiche ovviamente diverse (al riguardo eccellente il trucco di scena che ha saputo ricreare un doppio, e in alcuni casi, triplo cast avendo sotto i pennelli gli stessi attori).
Ogni filone di storia vuole esaltare un valore universale: la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, l’eticità, il rispetto, mostrando le conseguenze tragiche che si realizzano, espandendosi nel tempo, quando uno di essi viene violato.
E’ uno di quei film in cui ognuno ci vede ciò che più percepisce; stimola riflessioni personali a seconda dell’interpretazione che vuole dare alle metafore utilizzate, alle vicende rappresentate, spesso ai confini tra fantascienza e realtà.
Molto incisive le citazioni utilizzate: da quelle filosofiche (“Esistere è essere percepiti" di George Berkeley), a quelle religiose ("Cos'è l'oceano, se non una moltitudine di gocce..." di Madre Teresa di Calcutta) a quelle cinematografiche ("Soylent Green! Soylent Green è fatto di persone!" tratta dal film “2022: i sopravvissuti”). La voce fuori campo che, in diverse parti del racconto, esplicita concetti e teorie, è qualcosa che ridesta l’attenzione salvando anche quel tipo di spettatore che, lasciato senza l’ancora della sintesi di messaggi densi di spiritualità, potrebbe naufragare nelle acque tortuose dell’interpretazione filosofica.
N.B.: avviso, chi deciderà di andare a vedere questo film, che la sua durata è degna di considerazione: 172 minuti. Se non è una questione di tempo a condizionarvi, gustatevelo con piacere e senza sguardo all'orologio!

   


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