martedì 29 maggio 2012

SE FUORI E' FANGO, DENTRO C'E' UN FIORE

PINOCCHIO POLITICO

“Sbiadirà presto l’inchiostro dei loro discorsi
scritti su pezzi di carta pregiata…
rimetteranno il tappo alle loro stilografiche dorate
e qualche bocca della verità verrà ancora una volta tacitata…
si dimenticheranno presto delle loro promesse …
e mentre continuano a sventolare bandiere colorate
noi continuiamo a rimanere aggrappati ad anonime utopie
che il potere, poi, manderà in avarìa…
ogni tanto cambiano segni, disegni;
oggi è un fiore
domani un cannone
(…ma altro che “i fiori nei cannoni…”)
prima un martello
poi uno scalpello
nacque giacinto
divenne oleandro,
si mandano alle stampe nuovi loghi, etichette, adesivi
e intanto la credibilità diventa sempre più merce abusiva…
mentre loro continuano a fare a pezzi i giocattoli,
a gettare nel fuoco la pelle degli indifesi,
ad armare la mano del vicino di casa,
a mandare al macero le nostre possibilità di fare progetti…
a noi non resta che la favola…
quella del pinocchio…politico…
…Ogni tanto c’è anche la fatina di turno che anziché redimere le sue bugie…
dirige tutt’altra regia…”


Vabbè…anche oggi gioco di contrasto: non quello tra il meteo e il piatto (come ieri), ma tra gli eventi attorno e il bisogno di pulizia interiore.
Mentre intorno c’è furbizia, avarizia, mestizia e spesso ingiustizia….(scusate l’izia ridondante…), molte persone, dentro, avvertono il bisogno di purificare: l’aria, l’ambiente, il proprio corpo, i propri pensieri o semplicemente il proprio approccio alla vita. E questo, comporta, spesso, la necessità di recidere, tagliare rami secchi, preconcetti o tutto ciò che non è autenticamente sentito. E così si sfoltiscono, insieme ai capelli, anche le proprie rubriche, si impara a prestare, man mano, maggiore cura e attenzione ai rapporti genuini, alla qualità a discapito (per fortuna) della quantità.
E anche a tavola…se l’esterno, a volte, è complicato da gestire, dentro al piatto serviamo la semplicità. Allora può capitare che dopo una giornata particolarmente stressante o colma di cavilli, impicci, voci e rumori..si avverta il desiderio di una cena essenziale, poco sofisticata e con il gusto delle cose genuine.
Una cena come quella in foto…natural e sobria. I manicaretti alla prossima puntata…;)


Ingredienti:
Per il panino azzimo
- 100/120 gr di farina di kamutt
- acqua tiepida q.b.
-       Un pizzico di sale
-       Un cucchiaino di olio
-       Qualche ago di rosmarino

Per gli azuki
-       azuki
-       scalogno
-       olio, sale, rosmarino

Per l’insalatina di pachino
-       pomodori pachino
-       olio, sale, basilico o origano secco

Per gli azuki: versate 2 cucchiai di olio in una padella o tegame e fate scaldare. Aggiungere dello scalogno affettato sottilmente e qualche ago di rosmarino. Fate rosolare, dopo poco aggiungete gli azuki (bene scolati, se usate quelli in scatola) e girate con un cucchiaio di legno, aggiungendo un mestolino di acqua. Basta farli scaldare per 5 minuti.
Tagliate a spicchi i pachino e semplicemente conditeli con olio, sale e una spolverata di basilico o origano a seconda dei gusti.
Accompagnate il piatto con il panino/focaccina che si prepara così: mescolate in una ciotola la farina con l’acqua, aggiungendo un pizzico di sale, 1 cucchiaino di olio. Formate una focaccina, fate dei buchi con la forchetta, adagiate qualche ago di rosmarino e infornate a forno già caldo a 180^ per 15 minuti circa.  
  




lunedì 28 maggio 2012

INSALATIAMO


“Non permetterò al NERO di colare sulle mie pareti
lasciando i miei occhi in balia del buio fitto
del non potere o volere vedere…
Ruberò trasparenze al cielo
e ombre scure alla terra di Siena…
Intingerò il pennello nelle sfumature BLU dei fondali marini,
e nella morbidezza di un terreno arato prenderò le tonalità calde dell’OCRA per tratteggiare la mia strada;
con il VERDE delle foglie macchierò di speranza quel cammino
e con il GIALLO di una spiga darò direzione al vento;
il VERMIGLIO di un cuore
darà un tocco di passionalità ai margini della tela
poi col BIANCO di un giglio stempererò il rosato di un timido pudore…
Chiederò alla pioggia
gocce da usare come diluente
e al sole qualche suo raggio
per dare luce al mio acquerello…”

Oggi voglio solo donarmi e donarvi un soffio di colori per contrastare il grigiore che tinge il cielo di questa giornata di fine maggio…
Se nonostante i venti, a volte avversi e i condizionamenti, che spesso minano il nostro equilibrio riusciamo a mantenere (o quanto meno a coltivare) la nostra stabilità interiore…scopriremo in noi, man mano, potenzialità inaspettate.
E sempre per restare in tema di colori e poter immaginare, almeno nel piatto, l’evolvere della primavera (visto che il meteo ci rimanda invece a vecchi scenari autunnali che pensavamo già superati) vi propongo un’insalata insolita, fresca e leggera.
Tra l’altro…non resta poi molto tempo ancora per gustare le fragole…quindi…finchè ci sono…usiamole in tutte le salse (anzi…in tutte le insalate);-)


Ingredienti:
-       Insalata songino
-       fragole
-       olive nere
-       scaglie di parmigiano
-       noci spezzettate
-       olio, sale, pepe, glassa di balsamico

E’ semplicissimo: riunire in una ciotola tutti gli ingredienti e condire con un’emulsione composta da: olio, sale, pepe e glassa di balsamico.

giovedì 24 maggio 2012

MORBIDI RISVEGLI



“Le potenzialità della sera”
Tutto ciò che durante il giorno ci inquieta, pare placarsi al calare delle ombre…
Nel blu scuro della notte immergiamo i dubbi, le paure, le ansie del dì…
I pensieri che si sono addensati dentro di noi si disperdono nell’aria come polline trasportato dal vento…
una scia di tranquillità ci conduce verso atmosfere più liete, più autentiche, più libere, più vere…
il ruggire del guerriero si trasforma in un canto soave…
è la pace dell’anima,
il suo ristoro,
la sua sosta, dopo i vagheggiamenti e le intemperie del quotidiano daffare…
però…c’è forse un modo per rendere anche il risveglio, l’inizio di un nuovo giorno più morbido, lieve e sereno senza dover attendere lo spegnersi delle luci del giorno per concedersi un piacevole abbandono…ed è…
gustare una buona colazione…magari con un classico intramontabile: il ciambellone!!
E’ un modo per partire, chissà, con un piede (più) giusto…l’altro posizionatelo voi nel modo migliore, facendo leva sulle vostre energie e un entusiasmo che è bene rinnovare ogni volta che apriamo gli occhi…

Ingredienti:
-       250 gr di farina di kamutt
-       50 gr di fecola di patate
-       250 gr di zucchero di canna
-       3 uova
-       1 bustina di vanillina
-       ½ bicchiere di olio di mais
-       ½ bicchiere di latte
-       la scorza di 1 limone grattugiata
-       1 bustina di lievito biologico
-       un pizzico di sale

Fate riscaldare il forno a 180^ circa. Nel frattempo mescolate con le fruste elettriche lo zucchero e le uova; poi aggiungete nell’ordina: l’olio, il latte, la farina,la fecola, la vanillina, la scorza del limone e un pizzico di sale. Da ultimo aggiungete anche il lievito setacciato e continuate a frullare (se occorre aggiungete un po’ di latte). Versate il composto in una teglia da ciambella imburrata e infarinata. Potete aggiungere sul fondo della tortiera dei granelli di zucchero. Infornare per circa 30/40 minuti. Prima di spegnere, consueta prova dello stecchino.






venerdì 18 maggio 2012

HUNGER GAMES

IL TITOLO e' "GIOCHI DI FAME"...(non c'entra niente con le ricette...ma...ogni tanto, lo sapete, mi piace appendere i mestoli al chiodo e darvi cronaca anche di altro...;-)

In linea di principio, non sono un’amante delle saghe alla “Harry Potter” o alla “Twilight”, tanto per intenderci.  E nemmeno mi affascinano più di tanto quegli eventi televisivi, editoriali o cinematografici, preceduti da un parlare eccessivo e che vengono annunciati come “fenomeni” o “eventi cult”. In questi casi, mi sembra che si tenda a srotolare un tappeto troppo lungo e troppo rosso per introdurre prodotti di mero intrattenimento, alimentando un’aspettativa esagerata rispetto al contenuto di ciò che si va a proporre. In genere sono specchietti per allodole adolescenziali o traino per campagne pubblicitarie ed operazioni di marketing e spesso la confezione vale più della sostanza. Detto questo, e con buona pace della coerenza rigida e snob, sono andata a vedere “Hunger Games”, versione cinematografica del primo libro della omonima trilogia di fantascienza della scrittrice americana Suzanne Collins.
Prima di accennarvi la trama, dico subito che, a parer mio, assolutamente personale, le premesse di cui sopra ben valgono anche in questo caso: una discussione esagerata antecedente l’uscita del film rispetto al prodotto in sé, tanti luoghi comuni del genere action, una pennellata di patetismo qua e là, vicende tanto gonfiate negli effetti quanto carenti di sviluppo e struttura. Eppure, eppure…nonostante questo c’è un qualcosa dietro la narrazione di queste avventure, in grado di mantenere accese l’attenzione e la curiosità fino alla fine. Il film riesce ad attivare quel meccanismo del “vediamo dove va a parare” che ti tiene comunque vigile, attento, ti fa entrare nella scena, nonostante la ritrosia di chi, come me, magari si è recato alla proiezione con uno spirito alquanto scettico. Questo è dovuto in buona parte al ritmo veloce, avvincente, alla vastità degli scenari riprodotti e agli innumerevoli spunti di riflessione suggeriti. E proprio a tal proposito esce fuori, secondo me, la pecca: quella di buttare sulla scena tante tematiche, nessuna delle quali viene però penetrata e sviscerata fino in fondo. Al di là della vicenda avventurosa di un gruppo di ragazzi che lottano tra loro per la sopravvivenza, in questo film tutti i risvolti emotivi vengono accennati e non sviluppati. Il film mostra, ma non svela; aggredisce, ma non si sa con quale arma lo voglia poi effettivamente fare; polemizza, ma non ha il coraggio di sostenere tesi opposte a ciò che vorrebbe denunciare.
La dimensione e le atmosfere sono da post-apocalisse. Ci troviamo a Panem, una terra sorta sulle ceneri di quello che un tempo fu il Nord America, e posta sotto un rigido governo con sede a Capitol City. Ogni anno, per scontare un precedente tentativo di ribellione dei dodici distretti contro lo status quo di Capitol City, un ragazzo e una ragazza di ogni distretto, di età compresa tra i 12 e i 18 anni vengono prescelti come “tributi”, nel corso di un folcloristico quanto brutale sorteggio capitanato da una strega bizzarra e colorata (che ci rimanda ai personaggi più eccentrici di Tim Burton) e preceduto dal motto “E possa la fortuna sempre essere a vostro favore”, recitato con composto cinismo e gretta ipocrisia. Dopo la fatale estrazione, i tributi sono obbligati a partecipare agli “Hunger Games”, un evento televisivo (raffigurazione dei moderni e pruriginosi reality show), durante il quale dovranno combattere sino alla morte, poiché uno solo tra loro può sopravvivere. Così devono lottare in primis uno contro l’altro e poi contro la fame, la sete, la forza della natura e intemperie di ogni tipo.
La sfida mortale dei ventiquattro rappresentanti dei distretti (che rappresentano la parte povera, miserabile, sommersa e grigia del territorio) è seguita attraverso improbabili maxischermi e con le più avanzate (e oggi inimmaginabili) tecnologie  dagli abitanti di Panem, vestiti, truccati e dalle sembianze sfarzose, eccentriche ed alquanto kitsch. Ogni tanto, nel corso dello show, riecheggia, attraverso altoparlanti, la voce del “sistema”, che detta le regole dello show, spara colpi di cannone ogni volta che un ragazzo perisce, fa intervenire paracaduti di salvezza a chi se lo merita o invia belve brutali per ravvivare una trama come fossero strategie per impennare l’audience di un programma che rischia di diventare banale.
La protagonista del film è la sedicenne Katniss (una brava e superba Jennifer Lawrence), una ragazza orfana di padre proveniente dal Distretto 12, che si offre volontaria alla 74ª edizione degli “Hunger Games” per salvare la propria sorella minore.
E’ una tipa tosta, dotata di coraggio, di rara abilità nella caccia, nell’uso di arco e freccia e con una forza di carattere e determinazione almeno pari (se non superiore) all’amore che nutre per gli affetti familiari. E’ l’eroina invincibile, impenetrabile, imperscrutabile, che tutto riesce a gestire, dai sentimenti provati (e ben mascherati) fino al procacciamento di cibo negli impervi sentieri di un bosco. Lei, la gara, vuole vincerla, non tanto per se stessa, quanto per poter tornare dalla sorella e continuare a prendersi cura di lei, onorando quella responsabilità tenace che una madre troppo fragile non riesce ad assumersi, dopo la morte del marito.
L'altro partecipante proveniente dal Distretto 12 è Peeta, un giovane che Katniss conosce da sempre, più debole, fragile, che pare più rassegnato alla morte che all’impossibilità di amare Katniss. Infatti lei, nonostante gli salvi la vita e si presti, anche in virtù di questo, a ricambiare il suo amore in diretta tv per guadagnarsi il consenso del pubblico, si intuisce che, in realtà, è innamorata di un altro ragazzo, al quale ha affidato la sorella, prima di imbarcarsi nell’avventura mortale. Comunque tutto il vissuto emotivo resta sospeso tra le righe.
E così segui il film con la speranza che ci sia uno sviluppo della storia in grado di creare una contrapposizione a tutta la crudeltà manifestata nel corso degli “Hunger Games” e invece, proprio quando ti aspetti un epilogo della narrazione e un rincontro/confronto dei vari personaggi (per coglierne una trasformazione interiore a seguito di una così brutale esperienza), finisce che scorrono i titoli di coda… ma del resto è una trilogia…!! (…mi do da sola la risposta alla mia delusa aspettativa…)
The show must go on…and the “Hunger Games” too.


giovedì 17 maggio 2012

TRA IL CUORE E LA GOLA...


E’ un paradosso un’emozione controllata!
Se è controllata …forse non è più un’emozione, ma un semplice moto della mente.
C’è chi usa il falso slancio per mascherare la propria incapacità di vivere un vero sentimento, limitandosi a celebrarne la superficie facendo abuso di parole e di moine e chi rinuncia, invece, allo slancio per paura di rivelarsi e lasciarsi andare.
Ma tra l’abuso e l’avarizia ne può percorrere di strada il cuore!!
Non è detto che si debba necessariamente scegliere tra l’ indossare i piedi di piombo o mettersi le ali di cartone…(anche se personalmente consiglio sempre la leggerezza…quella sana, che ti fa rischiare, ma anche volare…). La consapevolezza della natura rischiosa dei sentimenti umani non deve allontanarci da essi, ma farceli vivere con intensità, sapendo che ciò che conta è in primis l’intenzione che noi vogliamo coltivare, la molla che ci rende magari vulnerabili, ma anche “veri” e capaci di amare.
Penso che l’emozione vera, profonda, autentica non possa essere incanalata, recintata. Se intorno ad essa ci mettiamo a costruire dei paletti o la sviliamo con strategie, calcoli o prese di misura, le impediamo di ossigenarci con la sua energia.
E a proposito di energie…vogliamo prepararci una merenda energetica, golosa, fresca e avvolgente come un abbraccio dato (…e ricevuto) senza riserve?? …eccola qui…un bel dolcetto alla crema di fragole e mascarpone…

Ingredienti (a ciotolina):
-       voglia di peccare di gola ;)
-       biscotti pavesini
-       fragole
-       mascarpone
-       zucchero di canna
-       cioccolato fondente da grattugiare


Frullare con il minipimer una decina di fragole (lavate e asciugate), 1 cucchiaio colmo di zucchero di canna e 2 cucchiai di mascarpone. Versate un cucchiaio di crema nella ciotola, prendete due pavesini alla volta e farciteli con la crema alle fragole. Ricoprite il tutto con la crema rimasta.
Decorate la superficie con scagliette di cioccolato fondente e pezzetti di fragola. 







lunedì 14 maggio 2012

PIATTI NATURAL PER PACIFICARE IL GUSTO E IL PENSIERO...


“Forse un giorno giungerò a far sì che viaggi e lontananze mi appartengano nell’anima, arriverò al punto che le loro immagini siano in me, senza più doverle concretizzare. Forse giungerò anche ad avere in me stesso patria, ed allora non ci saranno più vagheggiamenti di giardini e casine rosse. Avere patria in se stessi!
Avere un centro e dal centro scaturirebbero tutte le forze. Così invece la mia vita non ha un centro, ma oscilla sussultando tra serie molteplici di poli e antipoli. Qui nostalgia di essere a casa, là nostalgia di essere in cammino. Desiderio ardente di solitudine e monastero qui, anelito all’amore e alla comunità là! Ho raccolto libri e quadri e di nuovo me ne sono disfatto. Ho coltivato l’esuberanza e il vizio e me ne sono allontanato per l’ascesi e la mortificazione. Ho venerato devotamente la vita come sostanza e pervenni al risultato di non poterla amare e riconoscere che come funzione. Ma non è affar mio cambiarmi. E’ compito del miracolo. Il miracolo sfugge chi lo cerca, chi vuole attirarlo ed aiutarlo. Compito mio è fluttuare tra numerosi contrasti irrisolti e tenermi pronto, se il miracolo mi sorprende”   (“Casa Rossa”, contenuto in “Storie di vagabondaggio”- Hermann Hesse)

Ancora una volta, per caso, giungono le parole di Hermann Hesse a sorprendermi…
Nello specchio d’acqua dei suoi pensieri si riflettono certi raggi proiettati dalla mia mente.
L’inquietudine viene il più delle volte connotata in senso negativo, ma (penso io) esiste anche quell’inquietudine stimolante che spinge a far domande, a cercare risposte dentro e fuori di sé, che ci fa confrontare con l’evoluzione della nostra vita, dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni, fisiche e non.
L’anima inquieta è un’anima recettiva, vigile, attenta. Sa anche pacificarsi, ma se ritorna ad ardere, accetta di affrontare le fiamme per seguire o inseguire la direzione del proprio sentire.
L’anima inquieta è pronta a mettersi in gioco, è disposta ad accettare i rischi, vive con intensità, il bello e il brutto, il positivo e il negativo.
Non ha la pretesa di sentirsi arrivata, perché sa che il gusto del viaggio, di ogni viaggio, sta nei suoi tragitti…
Non ha bisogno di esibire false certezze, o di nascondersi dietro maschere di apparente completezza o di finta coerenza. Sa mostrarsi con le sue fragilità, accetta le sue contraddizioni perché è anche di quelle che è composta la sua vita.
Negarle sarebbe rinunciare alla propria autenticità; tentare di sopprimerle senza averle prima vissute o risolte sarebbe imbastire il proprio tessuto con un filato non adatto.
I pensieri, le inquietudini vestono la nostra mente così come i vestiti coprono il nostro corpo. E così come non possiamo indossare un abito che non sia della nostra taglia, così non possiamo tentare di far entrare pensieri che non ci appartengono, almeno finchè non ci appartengono.
“Compito mio è fluttuare tra numerosi contrasti irrisolti e tenermi pronto, se il miracolo mi sorprende”.
Fluttuare nella propria verità…quand’anche non sia quella ideale, perfetta, o quella che avevamo immaginato di poter incarnare o quella che altri ci  hanno propinato come giusta…l’importante è fluttuare nella propria verità…per accogliere il vero IO e, presa questa consapevolezza, poter affrontare le scelte, le prove e le esperienze in maniera più saggia e conforme ai colori e alle forme  della nostra anima.
Pacificarsi con se stessi è il tentativo per mitigare quei contrasti che rimarrebbero irrisolti se li si affrontasse con una chiave di lettura non propria.
Per contrastare la complessità del pensiero, oggi vi propongo una ricetta molto semplice, natural e salutare: un risottino ai finocchi, dove i protagonisti sono loro e basta: il riso e il finocchio.


Ecco gli ingredienti (dose per 1 persona):

- 70 gr di riso
- 250 ml circa di brodo vegetale
- ½ finocchio
- 2 cucchiai di olio, sale e pepe
- scorza grattuggiata di 1 limone


Preparazione
In un tegame far scaldare l’olio, aggiungere il finocchio a pezzetti, poi far tostare il riso e sfumare con un mestolo di brodo. Proseguire con la cottura del riso, aggiungendo man mano il brodo e verso metà cottura regolate di sale e un pizzico di pepe. Servite caldo, decorando con la scorzetta grattugiata di limone (che con il finocchio ci sta proprio bene…)


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

venerdì 11 maggio 2012

QUESTIONE DI MOMENTI


Ci sono momenti unici, momenti che sembrano istanti leggeri, fugaci, irreali ed altri che sembrano pesanti, brutalmente reali e noi non vediamo l'ora che passi la prima folata di vento che li spazzi via...è sempre una questione di percezione...
"FERMATI ATTIMO, SEI BELLISSIMO"
(Goethe)
I momenti sono i pezzi del puzzle del nostro tempo, della nostra vita…
“Momenti magici, felici, sereni
Ed altri difficili, di crisi, fatali;
momenti speciali, intensi, di gioia,
ed altri travagliati, di incertezza, di paura;
momenti spensierati, creativi, pregni di emozioni,
ed altri indecifrabili, imbarazzanti o di tensione;
momenti da catturare
e quelli da dimenticare;
momenti di saggezza,
e quelli di follia;
momenti salienti, cruciali, decisivi,
e quelli di solitudine, di noia, irripetibili;
momenti di incontro
e quelli di scontro,
momenti di verità
o di piacevole relax…
momenti memorabili
formativi
o di puro panico
e momenti di gloria
di vero godimento,
…quei momenti preziosi
siglati da una lacrima che si fissa sul tuo viso
e che li rende indimenticabili
come il tuo sorriso”

Ci sono poi i momenti da assaporare in cucina…e spesso, visti i ritmi frenetici di certe nostre giornate (soprattutto per chi vive in grandi città, che lavora tutto il giorno fuori casa e trascorre gran parte del tempo in fila a qualche semaforo o sotto la pensilina in attesa di un mezzo pubblico…) è scarso il tempo che si può dedicare ai fornelli. Per questo mi piace cercare sempre delle idee per rimediare antipasti veloci, che possono rappresentare già buona parte del pasto.
Questi crostini, per esempio, sono velocissimi da preparare, di sicura riuscita e buoni da sgranocchiare, sia come antipasto che come piatto principale, accompagnandolo magari con un’insalata e della frutta per completare il pranzo o la cena.

Ingredienti:
-                   Fettine di pane da tostare
-                   tonno sott’olio
-                   formaggio cremoso
-                   latte (quanto basta per regolare la densità della salsa)
-                   pizzico di origano
-                   qualche pistacchio

Fate tostare le fettine di pane. Con il minipimer frullate il tonno, il formaggio cremoso, un pizzico di origano, aggiungendo a filo un po’ di latte.
Spalmate con la crema al tonno le fette di pane e decorate i crostini con pistacchi tritati.

lunedì 7 maggio 2012

UN CUORE A FORMA DI FRAGOLA



Non so perché, ma a me le fragole fanno pensare al cuore…al cuore morbido delle cose dolci e al cuore che batte dentro il nostro petto, riverberando il suo suono e la sua energia in tutto il nostro essere. Anche la forma del cuore potrebbe sembrare una fragola enorme capovolta e posizionata proprio al centro del nostro corpo.
La ricetta di oggi è a base di questo frutto che definirei “romantico”; un bell’aperitivo a base di fragole accompagnate da un flute di prosecco oppure una ciotola di fragole da intingere nel cioccolato fuso…non vi suggeriscono appunto l’immagine di un incontro romantico, dove lo scenario può contare molto meno rispetto all’orizzonte disegnato da uno sguardo d’amore??!!
Prima di illustrarvi questo piatto, condivido con voi delle righe dedicate appunto “alla forza del cuore” e che ho scritto dopo una delle mie prime sedute di yoga. Risalgono quindi ad un paio di anni fa, ma il loro contenuto è sempre attuale e anzi, a distanza di tempo e con l’esperienza che man mano si perfeziona, è anche più sentito di allora.

DENTRO IL CUORE

Sentire il cuore pulsare…
Tra le mani il suo calore…
Chiudo gli occhi e lo posso afferrare…
“Mi spaventa a volte la sua energia!”
Ma è un richiamo al quale non posso resistere…
È un’emozione densa
l’anima che palpita;
Quando sento di appartenere a me stessa
quando riesco a visualizzare il mio centro,
quando evaporano i fumi della mente
e rimane solo la mia essenza,
il mio campo vitale,
il vuoto da riempire,
il tutto da scoprire;
accolgo in me l’universo,
accendo la sua luce,
ascolto la sua eco,
tendo alla sua armonia.
Mi lascio avvolgere dalle radici della terra,
accolgo sul mio viso il soffio della montagna,
mi lascio cullare da vibrazioni impercettibili
che bussano al subconscio
liberando quella forza
di guardarsi dentro…
voglio sciogliere quei nodi
che avvolgono il petto
e affannano il respiro…
voglio bagnare gli occhi
perché non restino asciutti ed opachi
ma lucidi, fieri e sinceri…
Voglio scoprire 
che non esiste “un perché”
al sentirsi felici,
Ma che può esserci sempre “un come mai”
Al sentirsi inadeguati…

E ora, spostiamoci in cucina e prepariamo questo goloso risotto alle fragole…
Ecco gli ingredienti (dosi per 2 persone):

- 160 gr di riso
- ½ litro di brodo vegetale
- ½ scalogno, 1 pezzetto di burro, 2 cucchiai di olio, sale e pepe, pochissimo vino bianco
- fragole
- parmigiano grattuggiato

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             
Preparazione
In un tegame far rosolare lo scalogno con il burro e 2 cucchiai di olio, aggiungere le fragole tagliate a pezzetti, poi far tostare il riso e sfumare con pochissimo vino bianco.
Proseguire con la cottura del riso, aggiungendo man mano il brodo e verso metà cottura regolate di sale e un pizzico di pepe e aggiungete il parmigiano grattuggiato.
Servite caldo, decorando con una fragola…e un'altra spolverata di formaggio...

venerdì 4 maggio 2012

LA MELA GOLOSA...



Parto dalla favola di Biancaneve (suggeritami dall’immagine della mela rossa che vedete nella foto) come spunto per parlarvi, prima ancora della mia nuova ricetta, di quell’approccio fanciullesco alle cose che non bisognerebbe perdere mai e che io, personalmente, spero di mantenere sempre viva come parte stessa della mia identità; mi riferisco a quella predisposizione che permette di stupirsi delle piccole cose, che spesso diventano invisibili ad un occhio “troppo adulto” e che invece disegnano la bellezza sui fogli (a volte ruvidi, a volte lisci…) del nostro quotidiano…quello sguardo curioso sul mondo che spinge a voler conoscere, curiosare, osare. Quando si è bambini ci si diverte con poco: basta un pezzo di carta da accartocciare per inventare storie, bastano un foglio ed un pastello per tracciare le linee di mondi immaginari, un sassolino da lanciare nel lago per fantasticare su chissà quali magie…gli orizzonti paiono allora infiniti e le possibilità tutte da valutare.
Poi, a volte, crescendo, si rischia di venire contaminati di cinismo, di eccessiva razionalità (quella che non permette più di improvvisare, meravigliarsi…); e allora si inizia a presumere troppo, a giudicare severamente (i bambini, tutt’al più esprimono pareri, fanno commenti al limite del ridicolo, ma non sono affetti dal germe del giudizio severo…), a salire in cattedra (invece di continuare a rimanere ricettivi, sedendo in cerchio con le gambe incrociate su prati verdi di un sapere ancora scevro di ipocrisie e perbenismi).
Ovviamente sto estremizzando i termini del discorso solo per trasmettervi la forza di un messaggio pro-fanciullezza, che è cosa molto diversa dall’infantilismo…non bisogna restare bambini per illudersi di poter avere la vita più comoda, “servita”, priva di qualsivoglia responsabilità verso se stessi e gli altri, ma solo di restare con l’anima fresca e il cuore leggero come succede quando, da bambini, capita di lanciare il primo aquilone verso il cielo o di assaggiare il primo batuffolo di zucchero filato: entusiasti e capaci di appagarsi con semplicità e senza troppe contorsioni mentali. 
E ora…passiamo all’antipasto sfizioso, usando possibilmente una mela non avvelenata ;)

Ingredienti (per 1 mela):
-       1 mela rossa
-       formaggio cremoso (io ho usato il nuovo Philadelphia con il cuore cremoso. ma va bene anche un caprino o della robiola)
-       un paio di pistacchi salati
-       1 fettina di speck
-       1 cucchiaino di olio, 1 di parmigiano, 1 pizzico di sale
-       (se occorre 1 cucchiaio di latte)


Togliette la calotta alla vostra bella mela rossa: svuotatela con cura, usando oltello e scavino.
Poi frullate con il minipimer la polpa della mela con il formaggio cremoso, aggiungete 1 cucchiaio di olio, un pizzico di sale, 1 cucchiaio di parmigiano e se occorre un po’ di latte.
Otterrete una crema dolce/salata con cui riempire la mela.
Decorate con un paio di pistacchi sbriciolati e una fettina di speck a pezzetti.