venerdì 30 novembre 2012

FLUIDITA' NEL CUORE ...E NEL CUCCHIAIO


Non sempre le cose scorrono fluide come le acque delle sorgenti di montagna. Ci sono grumi che non superano nemmeno le maglie più lasche dei colini più scadenti, iter che restano bloccati nella parte stretta di un qualche imbuto burocratico ed emozioni che restano imprigionate dietro sbarre di paura e diffidenza.
Ma quando capita di vivere un’esperienza di fluidità, uno di quei momenti della giornata in cui senti di trovarti al posto giusto nel momento giusto con la/le persona/e giusta/e...ecco che tutte le cose sembrano tornare nella giusta prospettiva.
In verità non sono loro ad essere tornate da qualche parte; siamo noi ad essere tornati a noi stessi.
Quando ci si riappropria del proprio sè più autentico, i fatti della vita sembrano “magicamente” acquistare fluidità. Non significa che da quel momento in poi le cose, i rapporti, le prove, le esperienze, diventano di colpo facili. Non ci sono vie facili. Non ci sono scappatoie.
Non vuol dire nemmeno diventare indifferenti o impermeabili rispetto a ciò che ci accade.
Anzi, entrare nel flusso della propria vita, piuttosto che interpretarla come spettatori passivi, comporta un totale abbandono che ci fa sentire le cose con tutto il nostro essere, non soltanto con i canoni della mente.
Il continuo controllo che cerchiamo di esercitare su tutto, anche sulle cose e sugli eventi più banali, non fa altro che alimentare la dose di stress e di ansia di cui il nostro quotidiano è già intriso, facendoci allontanare sempre più dal fluire naturale del nostro tempo.
Possiamo allora cominciare dalle piccole cose: lasciar andare i giudizi, lasciar scorrere ciò che non ci è utile, lasciare libera una parte del nostro tempo, per poter semplicemente osservare, senza dover per forza riempire, organizzare, e di conseguenza ostruire una volta di più quell’oasi di consapevolezza che ha bisogno di silenzio e di non-attività per essere coltivata.  

"Come l'acqua che cede dolcemente spacca la pietra ostinata, così il cedere alla vita risolve l'insolubile” (Tao Tè King)

E a proposito di fluidità e ingaggiando ancora una volta come attrice protagonista la “patata biologica” di cui al precedente post, vi propongo questa semplice vellutata di patate.
Per la serie: anche in cucina possiamo provare a prepararci qualcosa di fluido e morbido, in grado di scaldarci soprattutto in quelle sere che fanno seguito a giornate in cui tutto è stato vischioso, difficoltoso e stagnante.



VELLUTATA DI PATATE  
Ingredienti

-       3 patate di media grandezza
-       ½ scalogno
-       Brodo vegetale q.b.
-       2 cucchiai di farina di kamutt (o quella che avete)
-       Noce moscata, sale, parmigiano


Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti. Affettate lo scalogno e rosolatelo in una casseruola con un po' d'olio. Aggiungete le patate e fatele cuocere per un minuto a fuoco vivo, quindi unite la farina e mescolate. Aggiungete il brodo caldo in modo da coprire le patate e fate cuocere a fuoco medio per circa 20 minuti. Quando le patate saranno cotte passatele con il frullatore ad immersione fino ad ottenere una crema vellutata. Rimettete sul fuoco per altri 5 minuti ed aggiustate di sale, noce moscata e a piacere con del parmigiano.
Decorate come meglio gradite (io ho usato un filo di glassa di aceto balsamico, un tarallino di pasta sfoglia al sesamo e una fettina di speck croccante).


mercoledì 21 novembre 2012

...LA PATATA DI CESE....


Quando l’ingrediente di base è genuino, ma veramente genuino (non solo a detta di slogan pubblicitari o di abili venditori), non occorre allungare la lista degli ingredienti per riuscire a preparare una buona pietanza.
Sarà esso stesso l’unico protagonista, il principe al centro del palato e del vostro piatto. Ma, ripeto, per garantirvi da solo un risultato eccelso deve essere di ottima qualità, possibilmente proveniente da coltivazione biologica. Un prodotto che sia il più possibile naturale, non contaminato, non guastato da aggiunte, modificazioni, sofisticazioni.
Di recente ho avuto la fortuna di imbattermi in uno di questi prodotti che anche da soli potrebbero guadagnarsi stelline alla Michelin o cappellini firmati da chef: la patata di Cese (ndr: Cese dei Marsi, ridente frazione del Comune di Avezzano, in provincia dell’Aquila).
Che la patata di tutto l’altopiano del Fucino (indicazione generica, che non rende giustizia alle singole località) sia particolarmente apprezzata non è un’informazione riservata; apprendiamo da wikipedia che la patata di Avezzano ha ottenuto la certificazione DOP e PAT (= prodotti agroalimentari tradizionali).
Ma che un paese sconosciuto alle guide turistiche, che sembra il fondale di un presepe vivente, potesse custodire una delle varietà più pregiate della zona che lo ospita...bhe questa è una chicchetta che può essere svelata e diffusa solo attraverso i racconti di chi, come me, ha avuto la fortuna di visitare e conoscere questo scorcio paesaggistico che pare sospeso tra la montagna svettante alle sue spalle e la campagna antistante.
A Cese non arrivano i rumori tipici della città, ma quelli armonici della vita campestre; camminando per i suoi vicoletti puoi sentire l’odore della legna bruciata o dell’erba appena tagliata e nell’aperta campagna che la circonda, nelle notti più serene, puoi renderti conto di quanto le stelle siano luminose, perchè qui i colori sono quelli intatti che esistono in natura, non quelli annacquati dal pennello umano che tutto omologa ed omogenea; di giorno, passeggiando con placido abbandono puoi sentire il fruscio degli alberi, incrociare contadini con i loro trattori, assistere a tante scene necessariamente censurate dall’uomo nei grandi centri abitati.
Questo paesello, costituito da un grappolo di abitazioni dai comignoli fumanti, un campanile svettante al suo centro, un fontanile in piena campagna ed abbracciato tutto intorno da grandi braccia montuose, custodisce nei suoi campi coltivati una varietà di patata a pasta e buccia gialla, compatta, poco acquosa, poco farinosa, con molta sostanza secca e queste sue caratteristiche la rendono adatta a molteplici impieghi culinari.
Ottime “bruscate” alla brace o al forno, con l’aggiunta di un filo d’olio e poco sale, ma anche formidabili per la preparazione di gnocchi, purè, dolci; deliziose persino semplicemente lessate e sbucciate. Ecco quando un alimento può essere definito “principe”: quando appaga il nostro gusto così, in tutta la sua semplicità e naturalezza.
Questo tipo di patata non si sfarina in bocca; la si riesce dunque a gustare in tutta la sua sostanza e compattezza.
Per onorare questo tubero, orgoglio della terra cesense, ho deciso di preparare un millefoglie insolito: semplici strati di patate e mozzarella, con una spolverata finale di pangrattato e semi di papavero. E le fette di patate rimaste? Quelle le ho semplicemente adagiate dentro la teglia e il risultato è stato un ventaglio di chips croccanti intorno e morbide al centro.

MILLEFOGLIE DI PATATE E MOZZARELLA



Ingredienti (per 2 tortini):
-       3 patate di media grandezza
-       1 mozzarella
-       sale, pepe, origano, parmigiano
-       semi di papavero


Sbucciate le patate, lavatele e tagliatele a fettine sottili (usate l’apposito attrezzo che affetta le verdure).
Fatele leggermente scottate in acqua bollente e leggermente salata.
Dopodichè adagiate due coppapasta (che provvederete ad imburrare lungo i contorni) dentro una teglia ricoperta di carta da forno e preparate il millefoglie alternando fettine di patate spolverate con poco origano (o rosmarino) e fettine di mozzarella. Fate più o meno 4 strati e sullo strato finale (di patata) versate del pangrattato, un pò di parmigiano e qualche seme di papavero.
Infornate a 180^ per circa 20 minuti.
Attenzione a togliere poi il coppapasta per non distruggere la composizione. Il risultato deve essere un tortino, o meglio, un millefoglie....anche se, in realtà, sono solo 4...;-))





giovedì 15 novembre 2012

UNO SCRIGNO DI EMOZIONI E....DI SAPORE...



Ho imparato ad accettare e ad aspettare che le cose avvengono seguendo il loro corso naturale, senza sprecare troppe energie in sterili quanto inutili elucubrazioni mentali e senza quegli scalpitii dettati da un'infantile impazienza. Sono convinta che le emozioni vivano di VITA PROPRIA e che non serva a niente cercare di imprimere loro, anzitempo, una direzione. Le emozioni camminano su un loro sentiero.
La maggior parte delle volte sperperiamo energie a tentare di plasmare le emozioni per renderle "Opportune", "Accettabili"...al servizio del nostro Egocentrismo.
Dimentichiamo che le emozioni non hanno uno scopo "utilitaristico"..se non quello di renderci vivi e liberi; e ciò avviene solo nel momento in cui accettiamo di abbandonarci al loro flusso.
Ho capito che nel campo delle emozioni non bisogna SUPPORRE, ma INCURIOSIRSI...non bisogna PRESUMERE, ma con discrezione INTERESSARSI...
Non si possono gestire neppure le altrui emozioni...non si può costringerne o cercare di determinarne il corso...nemmeno usando strumenti quali il CORPO, la RAGIONE, la SEDUZIONE o la PERSUASIONE...
Essere liberi, autentici, veri, spontanei è l'unica cosa che possiamo fare per consentire alle emozioni di emergere dalla nostra interiorità e impedire che soffochino nei meandri delle nostre contorsioni mentali.. Ogni STRATEGIA diretta a condizionare la vita propria delle emozioni è destinata a fallire, perchè, nel momento stesso in cui mettiamo in atto una strategia, stiamo già perdendo una parte del nostro ESSERE AUTENTICO.
Un'emozione che deriva da un comportamento condizionato e condizionante non può dirsi veramente tale; sarà un trofeo, una taglia, una conquista...ma non un'emozione vera...
Qualunque atto che sia frutto di un'emozione liberata non potrà mai diventare causa di rancori, rimorsi, ripensamenti, rimpianti, perchè ogni VERA emozione assecondata è un pezzo di vita che ci siamo concessi di assaporare.
Ovviamente escludo ogni riferimento a quei comportamenti subdoli che, falsamente mascherati come emozioni, sono in realtà atti di vanità, di superbia, di lussuria...per i quali si usa l'alibi della spinta emozionale soltanto per sentirsi a posto con la coscienza...
La linea di confine è molto sottile...ma solo chi sa cogliere questa differenza, può dire di vivere nel rispetto delle proprie e delle altrui emozioni, scansando il pericolo, sempre incombente, di macchiare con l'INGANNO e la FALSITA' i rapporti intorno a sè.
Intanto, tra una riflessione e l’altra, possiamo anche andare a pasticciare in cucina...e oggi vi propongo qualcosa di sfizioso. Uno scrigno di zucchine con dentro....con dentro....continuate a leggere e lo scoprirete!

Ingredienti:

-       zucchine
-       formaggio cremoso
-       salmone affumicato
-       una goccia di aceto balsamico
-       olio, limone

Grigliare le zucchine tagliate a fette molto sottili (io le ho arrostite direttamente nel fornetto).
Intanto in una padella antiaderente, fate rosolare in un filo d’olio un po’ di scalogno, aggiungete il salmone affumicato tagliato a striscioline e qualche filetto di zucchina.
Dopo qualche minuto, spegnete e frullate il salmone e le zucchine con un pò di formaggio cremoso (quanto basta per formare un composto cremoso).
Prendete le fette di zucchina grigliate e ricoprite con esse le pareti di una formina (di quelle che vanno in forno). Farcite con la crema di salmone, grattuggiate sopra la scorzetta di limone e mettete altre zucchine come coperchio.
Infornate per 10 minuti a 180^ e poi ribaltate il tortino nel piatto, versandovi sopra una goccia di aceto balsamico.