mercoledì 13 giugno 2012

UNA PAUSA TEATRALE: C'ERA UNA VOLTA UN RE


L’amicizia di vecchia data è come una cassaforte dei ricordi e quando hai la possibilità di riaprire quello scrigno, tutta la vita (o meglio un pezzo di essa) ti può scorrere davanti e spesso, grazie a quei flashback, a quelle proiezioni della mente, ti rendi conto di quanto nel frattempo tu sia cambiata/o, e di quanto invece certe emozioni ti siano rimaste impresse dentro, sfidando l’erosione del tempo che tutto o quasi si porta via con sé.
Il ricordare, allora, non è un’operazione meramente nostalgica, ma l’occasione per guardare con lucidità ciò che si è stati, per capire ciò che si è diventati, o il perché.
Il valore del ricordo, dell’amicizia, della semplice quotidianità è al centro della commedia teatrale “C’era una volta un re”, scritta da Giovanna Chiarilli, con la regia di Stefano Santerini, interpretata da Patrizia Casagrande, Loredana Castrovilli, Mariateresa Di Bari e Alessandra Mancianti, ed in scena (ndr: ieri sera la prima…) al Teatro Petrolini di Roma (Via Rubattino 5) fino a domenica 17 giugno.  
Quattro amiche (Crisa, Elisabetta, Chiara e Tiziana) si ritrovano, in una serata come tante, in una casa di una di loro, a ripercorrere, attraverso i suggerimenti di un ritrovato vecchio diario risalente all’ultimo anno di scuola superiore delle ragazze, sia le tappe salienti della loro amicizia, sia il personale cammino di ognuna di loro. E’ stato condividendo prove dolorose, confidandosi reciprocamente sui propri rapporti familiari o godendo insieme di semplice evasioni giovanili che l’amicizia delle ragazze si è man mano rafforzata, riuscendo sempre a ritagliarsi un suo spazio libero e sincero nello scorrere quotidiano delle loro vite.
Nonostante sul palco ci siano solo donne, l’elemento maschile è assai presente in tutto lo svolgersi della commedia: infatti, le amiche, attraverso i racconti dei loro primi flirt e dei loro amori (passati, presenti o agognati per il futuro) portano in primo piano anche le dinamiche tra uomo/donna che, già motivo di inquietudine ai tempi del liceo, non ha mai smesso di essere un loro spunto di riflessione, di acceso dibattito e di confronto.
Ognuna delle ragazze, con la propria spiccata personalità, rappresenta un modo diverso di affrontare i rapporti, di vivere l’amore, il dolore, di impostare la propria vita: c’è chi non vuole crescere e ha la sindrome del “cordone ombelicale”, c’è la mamma vamp che riversa nel rapporto con i figli le sue fragilità, c’è la casinara sempre in mezzo alle tresche e pronta a sdrammatizzare tutto con la sua energia contagiosa, e poi c’è Crisa, la protagonista, il collante di quest’amicizia corale. Crisa è una che ascolta sempre tutti, che spesso ignora i suoi bisogni, che incappa in rapporti tiepidi con uomini a metà; è una tipa tosta, una che non si piega al cinismo, che ha il coraggio di lasciare anche le strade comode pur di inseguire la sua grande passione (quella per la scrittura) e che crede nelle fiabe, come quella che fa da leit motiv alla commedia e che tutte hanno imparato a raccontarsi ogni volta che sentivano il bisogno di andare avanti, ogni volta che c’era qualcosa da superare, nei momenti della vita in cui è bene attingere a quella sana ingenuità adolescenziale, per ritrovare forza, entusiasmo e freschezza, a dispetto del tempo, anche a dispetto dell’inevitabile impermanenza della vita:
“C' era una volta un re seduto sul sofà che disse alla sua serva raccontami una storia e la storia incominciò…”

E a me questa storia, la storia di uno spaccato di vita semplice è piaciuta molto, perché riesce a trasmettere il calore e la confidenzialità vivace e rassicurante dell’amicizia, quell’abbraccio che i ricordi condivisi sanno donare alla propria anima.



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