giovedì 29 marzo 2012

SFIDE E SFIZI


Un post (di un'amica), letto qualche giorno fa, me ne ha sollecitato uno mio...
Il suo post parlava di come la sofferenza, a volte, ci possa portare a dubitare di noi, del nostro carattere...di quella delusione nei rapporti con gli altri che ci porta a dire "sarebbe meglio che cambiassi, che diventassi più duro/a....così soffrirei meno ecc. ecc.". Tutti pensieri di pura e dura reazione.
Io penso che l'autenticità sia il valore più importante...da non barattare, da non svendere, da non abbandonare mai.
Meglio vivere, nel bene e nel male, sentimenti VERI piuttosto che mascherarsi dietro comportamenti finti e di facciata (quand’anche attuati per pura difesa).
Del resto non si può affrontare il cammino della vita man mano svuotati di ciò che siamo realmente, di ciò che proviamo, di ciò in cui vogliamo fermamente credere.
Agli altri, soprattutto a quelli che ci fanno soffrire, non dobbiamo permettere di farci inaridire.
Non bisogna pensare a sé stessi solo in funzione del ruolo sociale che si riveste o di ciò che si rappresenta per gli altri, ma (senza sconfinare nell’arido egoismo, che è una cosa ben diversa) nutrire il pensiero amorevole verso sé stessi in quanto protagonisti della propria vita, A PRESCINDERE, oppure NONOSTANTE tutto.
Solo mantenendo inviolato il nostro nucleo, il nostro centro, possiamo andare “incontro” agli altri, ogni volta con un entusiasmo rinnovato, non esautorato. 
E’ difficilissimo, è più facile cadere vittima dei venti che spostano le nostre vele e il nostro baricentro.
La sfida è ardua, ma vale la pena intraprenderla: c’è in gioco la salvaguardia della nostra IDENTITA’.   
Lasciando l’angolo delle riflessioni, spostiamoci all’angolo… del tavolo della cucina, e prepariamo questo aperitivo che è davvero a tempo di record!
Più che una creazione, in questo caso si tratta di “assemblaggio”…

Ingredienti:
- 1 sfoglia rettangolare
-       Wurstel di pollo(o normali se preferite) di quelli grandi
-       latte (per spennellare)
-       semi di sesamo e di papavero


Aprite la sfoglia, iniziate da una parte adagiandovi il wurstel e arrotolare intorno ad esso la pasta sfoglia. Tagliate il rotolo e suddividite in piccoli rustici.
E fate così finchè avete sfoglia e wurstel a disposizione.
Spennellate la superficie dei fagottini con il latte e rivestite la superficie superiore con i semi di sesamo o di papavero. Infornate a 180/200 per circa 30 minuti.




mercoledì 28 marzo 2012

DOLCI ALTERNATIVE


Quando il desiderio di un qualcosa di dolce si unisce al bisogno impellente di un morbido e scioglievole abbraccio, abbiamo un’alternativa: o disdiciamo tutto il planning della giornata, mandiamo a monte quell’appuntamento (falsamente) urgente e all’aria (..un po’ viziata dell’ufficio) le cartacce che giacciono sulla scrivania, convinciamo l’ignaro/a al nostro fianco a mollare tutto per attuare una vera e propria fuga, e, con fare avventuroso, libero e furtivo, ci dirigiamo al mare, dove potremo sciogliere i capelli al vento e dare sfogo ai nostri abbracci davanti al panorama rasserenante di una distesa blu increspata dalle onde oppure, meno platealmente, ci “accontentiamo” di dirigerci in cucina e prepariamo un dessert al cucchiaio che, almeno per lo spazio di 5 minuti, regalerà un abbraccio “a tutto tondo” al nostro palato.
A parte gli scherzi…questo è un dolcetto facile facile, che vi consiglio di provare a breve, perché tra poco inizierà (davvero) la stagione del mare e dei costumi, e quindi vi auguro di poter attuare spesso e volentieri la prima opzione, che appagherà la gola, ma anche i vostri cuori e le vostre anime: le esperienze (anche quelle un po’ “azzardate”) sono carezze, sigilli sul tempo, doni che arricchiscono la nostra vita. E allora ben vengano le fughe al mare, i fuoriprogramma, le virate, W il riappropriarsi di sé…

Ingredienti:

-       2 tuorli (da uova freschissime)
-       50 gr di zucchero
-       125 gr di mascarpone
-       Cacao
-       Biscottini
-       Sana golosità

Montare i due tuorli con lo zucchero, aggiungere il mascarpone e mescolare con cura. Spolverare con del cacao amaro e far riposare in frigorifero per almeno un’ora. Servire con biscottini tipo lingue di gatto.










martedì 27 marzo 2012

POLPETTINE A GRAPPOLO


In posizione supina…affondo la testa sul mio grande, morbido cuscino etnico…stendo la gamba sinistra sul mio nuovo copriletto a righe che illustra tutta la gamma cromatica dei blu…piego la destra ad angolo retto e dalla porta finestra della mia terrazza, dietro le tendine velate color salmone, intravedo: l’azzurro panoramico che mi offre quel quadro naturale appeso là fuori, il verde di qualche albero, il bianco delle terrazze condominiali dei palazzi di fronte al mio, il grigio di antenne paraboliche che svettano presuntuose, captando e distribuendo onde in quel mare arioso e astratto che è il cielo…
Sono stimolata, incuriosita dalle DOMANDE, anche se so di non avere la maggior parte delle RISPOSTE.
Sono affascinata dal NIENTE, pur anelando al TUTTO.
E, a dispetto dei vagheggiamenti, dentro di me, non mi sono mai sentita così sana, lucida, così trasparente come ADESSO.
Passando dal relax del piano orizzontale del mio letto al fermento del piano di cottura della mia cucina, oggi ho raccolto per voi un grappolo, composto da…polpettine!! Visto che non è tempo di acini tondi e succosi…piuttosto che affermare con acredine che l’uva non è matura (assumendo l’atteggiamento della volpe protagonista della favola di Esopo…), rinuncio serenamente al frutto in sé (sapendo attendere il suo arrivo), e mi approprio semplicemente della sua “forma”.
Ecco i miei chicchi al sapore di tonno e cannellini…
Il raspo superiore è una bruschetta con patè di cicorietta selvatica.

Ingredienti:- tonno all’olio d’oliva ***
- fagioli cannellini
- 1 uovo
- 1 fetta di pane ammollato nel latte
- prezzemolo
- 1 cucchiaio di parmigiano
- Pangrattato
- Sale, pepe
- Semi di sesamo

Frullate con il minipimer i fagioli cannellini.
In una ciotola riunite: la crema di cannellini, il tonno sbriciolato, l’uovo, il pane bagnato nel latte e strizzato, il prezzemolo, il parmigiano, 2 cucchiai di pangrattato. Regolate, nel caso, di sale e pepe.
Impastate e con le mani inumidite formate delle polpettine.
Passatele in un mix di pangrattato e semi di sesamo.
Infornatele per circa 30 minuti a 180^ a forno caldo. 

***(mi permetto di suggerirvi quello di As Do Mar, poiché l’azienda che lo produce è una delle poche, nel settore, ad adottare, in buona parte della sua produzione, metodi di pesca “sostenibili” e una politica di etichettatura trasparente)

lunedì 26 marzo 2012

DOLCE O SALATO?



A volte certe cose si presentano sotto mentite spoglie…
Le apparenze a volte ingannano, altre volte confermano.
E’ questione di sensibilità; più si è empatici e meno ci si lascia abbindolare.
Ma quando si tratta del gusto, non si corrono rischi. Un ingrediente ben può prestarsi ai più svariati “travestimenti”.
E allora ecco panne cotte al sapore di mozzarella di bufala (ndr: assaggiata al Ristorante All’Oro di Roma…), zucchine nascoste dentro torte al cioccolato (ricetta presa a prestito da Francesca, una cara amica di Como), e muffin al sapore di polenta…
Proprio così: in questo caso l’inganno è doppio. Il termine muffin, di suo, spinge ad immaginare un sapore dolce. E invece in questa ricetta ve lo propongo in versione salata.
Inoltre la farina di mais conferisce a questo muffin un sapore che fa subito scattare l’associazione mentale con la polenta: una polenta che perde la sua scioglievolezza, e diventa, con il suo impasto compatto, un prodotto da forno.
Per preparare una buona polenta occorre impiegare molto tempo a girare la farina dentro il paiolo con un cucchiaio (e sempre nello stesso verso!); in questo caso…otterete (quasi) lo stesso risultato (cioè il sentore di polenta) in metà tempo e con il minimo dispendio di energie fisiche.
Il forno sostituirà le vostre braccia, facendo lievitare questi muffin durante la cottura ;)


Ingredienti:120 gr di farina di mais
80 gr di farina
2 uova
200 ml di latte
70 ml di olio
2 cucchiai di semi di papavero
1 bustina di lievito biologico per torte salate
sale, pepe
lamelle di mandorle


In una terrina sbattete le uova con il latte e l'olio.
Aggiungete le due farine e i semi di papavero. Salate e pepate. Unite infine il lievito.
Versate l'impasto negli stampi dei muffin, versatevi sopra qualche lamella di mandorla e lasciate cuocere per circa 40/45 minuti
.



giovedì 22 marzo 2012

QUESTIONE DI TEMPI


Ogni cosa ha il suo tempo. Ogni frutto (o verdura) la sua stagione.
Ormai siamo abituati a vedere, avere e volere tutto, sempre.
Ma questa generosa (e, aggiungo io, invadente) disponibilità non è in linea con i ritmi naturali e biologici.
Quindi, visto che tra poco dovremo “congedarci” da uno degli agrumi che caratterizza l’inverno e che, in questo esordio di primavera, inizia a mostrare i primi segni di “stanchezza” (è quasi ora del suo letargo perché possa poi riprendere energia in autunno), posto una ricetta che lo vede protagonista e che ho cucinato qualche settimana fa, in uno di quegli appuntamenti speciali che mi piace definire “le mie cene di cuore”.
Se questi frutti tondi e arancioni fanno ancora capolino nel vostro cesto della frutta, per consumarli, e poter lasciare spazio ai nuovi colori e sapori della primavera (limoni, kiwi italiani, e presto anche fragole, albicocche e ciliegie), dategli questa chance: sperimentatele con queste polpettine. Si prestano a rivestire i panni di un secondo, o anche di un antipasto sfizioso.
La freschezza dell’arancia stempera il calore data in bocca dalla carne, e le dimensioni ridotte stimolano, anche a tavola, l’atteggiamento giocoso e leggero.
E’ perfetto da servire durante un buffet o un aperitivo in piedi. Non servono posate: basta lo spiedino, una buona compagnia e il gioco è fatto J

Ingredienti (per circa 15 polpettine):
-       200 gr di macinato di vitello
-       1 uovo
-       3 cucchiai di parmigiano grattugiato
-       3 cucchiai di pangrattato
-       Prezzemolo tritato
-       Buccia di 1 arancia
-       Succo di ½ arancia
-       Olio, sale, pepe
-       Farina (dove far rotolare le polpettine prima di infornarle)


Mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola: il macinato, l’uovo, il formaggio, il pangrattato, il prezzemolo, la buccia e il succo di arancia. Regolate di sale e pepe.
Formate (con le mani inumidite) delle piccole polpettine, fatele rotolare nella farina (o, a piacere, nei semi di sesamo), posatele su una teglia, versate un filo d’olio e infornate per circa 30 minuti in forno caldo.
Potete servirle infilzate, aggiungendo in cima agli spiedini degli spicchi di arancia. Il mio parere (personale) è che sono più buone tiepide, che calde.






mercoledì 21 marzo 2012

CERTI SAPORI DELL'INFANZIA


La memoria olfattiva è quella a più lungo termine ed è anche quella più legata all’inconscio e al panorama delle esperienze istintuali. Basta un aroma, un profumo e la mente ritorna a quella prima volta che lo abbiamo annusato e un flash back  di emozioni ci pervade; magari nel tempo abbiamo perso il contorno o altri particolari legati a quella situazione, ma la sensazione provata..quella è vividamente impressa nella nostra pellicola mentale!
Si può dire che l’olfatto abbia una residenza privilegiata nel territorio dei nostri ricordi. Non c’è verso di dargli lo sfratto…;)
Come non provare un piacevole stupore e un brivido di commozione davanti ad un odore (e al sapore) che, proveniente dalla nostra Infanzia, ha attraversato (quasi) indenne il Tempo e il suo Oblio, riuscendo a resistere alla cupidigia degli Anni che tutto (o quasi) si portano via??
E allora celebriamo il ricordo della colazione di infantile memoria…ritroviamo quei sapori sopiti sotto le nostre papille gustative. Risveglieremo il fanciullino di pascoliana tradizione anche annusando, perché no?!, una torta come questa…
Chi non ricorda il gusto di latte e N.....K?? (=quella famosa polvere solubile al cacao che non cito per intero perché, volendo, potete usarne anche di altre marche) e i baffi che vi lasciava sulle labbra dopo aver sorseggiato dalla tazza??!
E’ proprio la polvere al cacao l’ingrediente “principe” di questa ricetta.

Ingredienti:
-       2 tazze di farina di kamutt
-       2 tazze di zucchero di canna
-       ½ tazza di fecola di patate
-       3 uova
-       1 bustina di vanillina
-       1 tazza di latte
-       1 tazza scarsa di olio di mais
-       1 tazza e mezzo di polvere solubile al cacao
-       1 bustina di lievito biologico
-       Lamelle di mandorle


Riunite in una ciotola la farina, lo zucchero, la fecola, le uova l’olio, il latte, la vanillina. Mescolate il tutto con il frullatore elettrico (a fruste). Aggiungete la polvere di cacao e mescolate. Da ultimo aggiungete anche il lievito setacciato con un colino e continuate a frullare. (se occorre aggiungete un altro po’ di latte). Versate il composto in una teglia da imburrata e infarinata. Spolverate la superficie della torta con zucchero di canna e lamelle di mandorle. Infornare a 180^ per circa 50 minuti. Prima di spegnere, consueta prova dello stecchino.






martedì 20 marzo 2012

PRIMAVERA


Odori…sapori…attenzioni…
vasi di terra, piante e radici,
curare, potare, proteggere…
coltivare, fiorire e poi raccogliere…
Da una finestra
il mio sguardo
un giorno potrò allungare…e un angolo di campo potrò ammirare…
Al mattino
fresco profumo di verde…
Alla sera
erba scaldata dal sole…
ci saranno piatti da decorare
con foglioline di mentuccia e maggiorana,
fiori di lavanda e aghi di rosmarino;
e dietro un vetro colorato,
scorgerò il lontano tramonto cittadino;
non saranno solo suoni e rumori a scandire il mio tempo,
ma saprò ascoltare anche il silenzio
e la sua armonia…

venerdì 16 marzo 2012

"CULINARIA"


Oggi voglio lasciare appesi al chiodo mestoli, forchette e il grembiule da “cuochina” e raccontarvi l’esperienza che ho vissuto domenica 11 marzo presso “Culinaria – Il Gusto dell’Identità”, un evento gastronomico giunto quest’anno alla sua settima edizione e che ha come leit motiv “la qualità”, riferita ai prodotti utilizzati dagli chef e dagli addetti alla ristorazione/distribuzione. La manifestazione si è svolta in tre giornate, è stata farcita da congressi, dimostrazioni, degustazioni, e condita dall’entusiasmo degli chef che vi hanno preso parte e dalla curiosità dei partecipanti (esperti del settore o semplici appassionati di cucina).
Gli spazi espositivi sono stati quelli della Coldiretti di Campagna Amica di Roma, posti nella splendida cornice di Via San Teodoro, adiacente al Circo Massimo e a pochi passi dall’affascinante Bocca della Verità.
Su questo scenario si è svolto, nel corso dei tre giorni di Culinaria, un dialogo ideale tra produttori, chef e consumatori. 
Appena arrivata, ho fatto un giro veloce per capire “dove mi trovavo”; poi, in punta di piedi, ho preso coraggio, mi sono avvicinata agli stand e mi sono lanciata in due piccole degustazioni (un pezzetto di crostata alla marmellata di zucca alla vaniglia, e un biscotto cantuccio artigianale). Ho poi gustato un caffè espresso di notevole qualità, preceduto da un bicchiere di acqua minerale di altrettanto valore e prestigio.
Poi, verso le ore 14.00, sono approdata in un bosco incantato.
Proprio così: entro all’interno di uno stand dove il pavimento è un manto erboso (vero), le pareti sono rivestite di piantine aromatiche, le sedie e il tavolo dello chef consistono in pezzi di tronchi d’alberi.

Il “folletto del bosco” (per quel pomeriggio) è un giovane chef dallo sguardo vivace e dalla folta chioma: dall’opuscolo, che mi è stato consegnato all’ingresso, scopro che si chiama Franco Aliberti, fa lo chef pasticcere dell’Osteria Francescana di Massimo Bottura, sita in Modena, ed ha un passato di cuoco (tra le altre cose…) presso il Ristorante Vite di San Patrignano. Di quest’ultima esperienza a tutto tondo, umana e non solo professionale, parla, commosso e coinvolto, lo chef, durante la sua dimostrazione. Rimango ad osservare i suoi movimenti, studiati e attenti, nel preparare sul tavolo i suoi attrezzi, fialette, erbe aromatiche, e piccole ciotoline con pozioni (magiche?) e ingredienti perfettamente dosati. Lo vedo staccare pezzi di muschio dalle pareti per trasformarli in piccoli vassoi naturali. Salta subito all’occhio il suo sentirsi completamente a suo agio, in quell’ambiente verde.

La sensazione trasmessami da questa scenografia mi spinge a restare. Chiedo ad una gentile signora che si trova al mio fianco se sta avendo inizio una qualche dimostrazione culinaria e ho fatto proprio bingo!! Nel senso che la signora in questione è proprio la mamma dello chef che sta allestendo il tavolo. Mi racconta un po’ di cose di sé, di suo figlio, della campagna, di Pompei (dove vive), mi chiede della mia vita e io le racconto della mia passione per la cucina e la scrittura: insomma ci intratteniamo in un piacevole dialogo in attesa che Franco inizi a mostrarci la sua arte.
Alle 14.30 si parte con l’esibizione. Prima però, Franco chiede al pubblico il permesso di togliersi le scarpe, per godere del contatto con il prato: una scelta di libertà e di benessere che fa sorridere e intenerire tutti.
Questa sua attrazione verso tutto ciò che è naturale, emerge anche dalla risposta che dà ad una mia domanda:
“Franco, ricollegandomi al titolo della manifestazione che è “Ognuno è ciò che ricerca” volevo chiederti che cosa ricercavi, tu, all’inizio del tuo cammino professionale, e che cosa invece hai trovato, senza che tu lo stessi cercando?”
Sul primo quesito mi risponde, sicuro, che lui ha sempre cercato il contatto con la Natura e su questo basa la  sua filosofia mentre elabora e crea i suoi piatti. Quanto al secondo, raccontandoci un episodio in cui doveva creare delle bolle di sapone “alimentari”, ci fa intuire che ciò che trova e che affronta ogni giorno, anche in cucina, sono delle sfide, da affrontare con creatività, curiosità e pazienza.
I due dolci illustrati sono molto scenografici e anche molto buoni. Il momento della degustazione lascia tutti senza parole, con gli occhi che trovano appagamento prima ancora delle papille gustative. Eh sì…perché i dolci preparati dallo chef sono opere d’arte, non solo del gusto.
Il modo in cui sono presentati è sublime: uno (il Monte Bianco) adagiato sopra un cucchiaio, a sua volta appoggiato su un piccolo vassoio di legno (perché, come spiega Franco, è importante anche la superficie dove si appoggiano le pietanze. Perché un cibo lo si possa vedere, sentire, e poi assaggiare, appagando tutti i sensi) e l’altro (l’Hurricane) un cilindro di sfoglia con il cuore di fragola, (fortemente) svettante su un piccolo (e fragile) vassoio di cartone (quasi a simboleggiare la forza naturale dell’uragano rispetto alla fragilità umana).
Non sono solo piatti da mangiare: sono esperienze. Il Monte Bianco è una sorta di scalata ideale verso la cima di una montagna, iniziando la camminata dalla morbidezza della mousse di castagne, per farsi poi sorprendere dalla freschezza delle erbe (appunto di montagna),  e infine lasciarsi travolgere da una valanga di mousse dolce, resa croccante da cialdine di meringata e biscotto croccante.
L’Hurricane è invece il dolce che racchiude in sé sia il fiore all’occhiello dello chef (una sorta di biscotto di sfoglia caramellata), che il suo personale uragano emotivo, vissuto da quando è approdato al ristorante del grande Bottura. Il piacevole ripieno dell’hurricane è un cuore di fragola, a rappresentare la passione: per la cucina, la natura, la propria identità e la continua ricerca.
Sicuramente mi sono ritrovata per un giorno immersa in un ambiente a me congeniale. Pur non facendone parte è in mezzo alla creatività culinaria e alla natura che si rispecchia una (buona) parte di me.
Le altre (intendo le altre parti di me…) sono sempre alla ricerca di nuovi specchi in cui potersi riflettere…o meglio, in cui, potere spontaneamente esprimersi.
Ecco in uno scatto lo chef Franco Aliberti, con l'aiuto chef giapponese dell'Osteria Francescana.

giovedì 15 marzo 2012

TRA IL DOLCE E IL SALATO


Dolce salato…Come un bacio al mare, le gocce di pioggia, le lacrime di commozione…ooopsss scusate la deviazione immaginativa sui sentieri della poesia…ritorno subito sul percorso, meno accidentato, della cucina…anzi…meno accidentato un corno! I rischi di sbagliare, con i sentimenti e tra i fornelli, sono sempre in agguato, dietro l’angolo, celati in uno sguardo, appoggiati sugli spigoli, nascosti dentro un barattolo, un abbraccio o un misurino non tarato. 
…comunque…da un errore può sempre nascere qualcosa di “alternativo”, che magari vale la pena di riconsiderare. Il punto è che avevo intenzione di fare un dolce al sapore di pistacchio e cioccolato (il pensiero è stato: “se il gelato a questi gusti è gradevole, perché non dovrebbe esserlo anche una torta?”)…però mi sono accorta, solo dopo averli triturati e mischiati agli altri ingredienti, che stavo usando i pistacchi salati, anziché quelli al naturale…e vabbè mica potevo buttare al secchio tutto l’impasto! Mi sono detta “proviamo lo stesso”…e infatti il risultato non è una goduria, ma per fare colazione può andare…
…Sbagliando…si rimedia…e spesso si ridimensiona anche quel concetto di infallibilità, che può diventare una pericolosa anticamera alla presunzione…ma questi…sono altri discorsi ;))


Ingredienti:
-       200 gr di farina di kamutt
-       180 gr di zucchero di canna
-       1 vasetto di yogurt al pistacchio (la Yomo lo fa…)
-       ½ bustina di lievito per dolci biologico
-       ½ bicchiere di olio di mais
-       (all’occorrenza un po’ di latte)
-       una bustina di vanillina
-       50 gr di pistacchi triturati e qualcuno come decorazione
-       Cacao amaro

Fate riscaldare il forno a 180^ circa. Nel frattempo riunite in una ciotola la farina, lo zucchero, l’olio, lo yogurt, la vanillina. Mescolate il tutto con il frullatore elettrico (a fruste). Aggiungete il lievito setacciato con un colino e continuate a frullare. (se occorre aggiungete un po’ di latte). Non deve essere un impasto liquido, anzi meglio se piuttosto denso. Poi aggiungete nell’impasto i pistacchi triturati, mescolando con cura con un cucchiaio di legno. Versate gran parte del composto in una teglia da plum cake (precedentemente imburrata e infarinata). Aggiungere all’impasto residuo un cucchiaio di cacao amaro, mescolare e versate sopra all’altro strato.  Infornare a 180^ per circa 30/40 minuti. Prima di spegnere, fate la consueta prova dello stecchino.








mercoledì 14 marzo 2012

UNA PASTA AL VERDE


Adoro preparare le salsine con il minipimer.
E’ un tipo di operazione che, secondo me, non richiede rigide regole. Si può procedere per tentativi. Parti da una base, integri, poi assaggi, migliori, rendi “più” o “meno”. Anche una ricetta, semplice semplice…può racchiudere in sè il germe della fantasia culinaria, che si poggia sul cucchiaino dell’assaggio e infine dà luogo alla creazione.
In pratica, facendo così, ottieni dei numeri primi, ed unici. Difficile ricreare lo stesso identico sapore, quando ci si è lasciati guidare dall’improvvisazione. Ma è anche questo il bello: ogni volta si metterà la firma al piatto del momento ;).
Certo, sto estremizzando…ma il senso è che va bene riproporre delle preparazioni, ma non bisogna poi temere le variazioni o le personalizzazioni.   
“Quando smetti di seguire alla lettera ciò che dicono gli altri,  lo rielabori e ci metti del tuo, ti trasformi da anonimo in una persona”. E questo è valevole in cucina, come nella vita :)
Prepariamoci dunque un piatto di pasta (di kamutt) con pesto di rughetta; pesto che potrà essere usato anche per preparare tartine, bruschette, e similari.

Ingredienti:
-       pasta di kamutt
-       rughetta
-       pinoli, mandorle, uvetta passa
-       carota
-       parmigiano grattugiato
-       olio, sale, pepe
-       basilico

Cuocere la pasta al dente.
Nel frattempo, frullare: la rughetta, 1 carota cruda (servirà per attenuare un po’ l’amarognolo della rughetta), i pinoli, le mandorle, l’uvetta, 1 cucchiaio di parmigiano grattugiato, l’olio, sale, pepe. Aggiungere un po’ di latte, yogurt o acqua di cottura della pasta (per regolare la densità del pesto).
Condire la pasta con il pesto rucoloso.
A piacere si può aggiungere del parmigiano e qualche pinolo tostato.





martedì 13 marzo 2012

IL RISO NEL PIATTO E IL sorRISO nel cuore



Con questa ricetta ritorno al mio adorato riso: in tutte le salse e in tutti i modi…questo cereale è sempre in grado di mettermi il sorRISO sulle labbra...e anche dentro la pancia ;)    
Ovviamente sapete che mi piace giocare sugli accostamenti azzardati…o meglio, quelli che vengono ritenuti tali per il fatto di unire, per esempio, il dolce e il salato o gli alimenti salati alla frutta.
Ma quando si tende a voler ampliare la propria mente e i propri orizzonti o se si è dotati di una gioiosa curiosità, anche il Gusto di chi lo incarna è in grado di spingersi un po’ più in là rispetto al patrimonio che gli abbiamo fatto acquisire.
Poi ovviamente restano i gusti personali…e quelli sono sacrosanti! Però, secondo me, mai storcere il naso prima di avere assaggiato (con le dovute eccezioni…e con buona pace della più “estremista” delle coerenze). Del resto, siamo esseri contraddittori (bisogna ammetterlo) e a volte anche nelle nostre scelte alimentari tendiamo ad esserlo.
Le contraddizioni…a volte sono una garanzia: quella di non farci nemmeno minimamente pensare di essere così integerrimi e “perfetti” da sentirsi immuni da esse.
Ovviamente non mi riferisco alle (gravi) contraddizioni di chi predica bene e razzola male…ma a quelle spennellate tra il bianco e il nero che colorano la nostra anima. A volte non ci sono colori netti a rappresentarci, ma sfumature. E non godiamo sempre del riflesso delle luci migliori, ma presentiamo anche delle zone d’ombra.
Prendere atto delle nostre complessità e anche della dose di contraddizione di cui siamo portatori (si spera… sani…)è un primo passo verso il miglioramento, che non può attuarsi se in primis non c’è consapevolezza, accettazione, dentro noi stessi.  
OK, ora passiamo in cucina e prepariamo questo risottino all’arancia e lamelle di mandorle, che ho servito dentro dei cestini di parmigiano*.

Ecco gli ingredienti (dosi per 2 persone):

- 160 gr di riso
- ½ litro di brodo vegetale
- ½ scalogno, 1 pezzetto di burro, 2 cucchiai di olio, sale e pepe, pochissimo vino bianco
- il succo di 1 arancia
- le scorzette grattugiate di 1 arancia (solo la parte arancione)
- parmigiano grattuggiato
- 1 sottiletta o 1 pezzetto di formaggio morbido (tipo brie, taleggio o quello che più vi aggrada)
- lamelle di mandorle
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

Preparazione
In un tegame far rosolare lo scalogno con il burro e 2 cucchiai di olio, aggiungere le scorzette di arancia, poi far tostare il riso e sfumare con pochissimo vino bianco.
Proseguire con la cottura del riso, aggiungendo man mano il brodo e verso metà cottura aggiungete (al posto del brodo) il succo dell’arancia.
Regolate con un po’ di sale e pepe.
Aggiungete un po’ di parmigiano grattuggiato, il formaggio e mescolate bene con un cucchiaio di legno per mantecare bene fino alla cottura del riso.
Per un effetto “scenico” servitelo nei cestini di parmigiano e adagiate sopra delle lamette di mandorle (fatte tostare in un padellino) e qualche scorzetta di arancia.


* per i cestini di parmigiano: basta mettere 3 cucchiai di parmigiano in una padella antiaderente, schiacciate bene con il dorso di un cucchiaio (a formare una sorta di frittatina). Quando sotto fa la crosticina, staccate dalla padella e adagiate il foglio di parmigiano sopra il retro di una ciotola e lavoratelo (fintanto che è morbido). Con l’aria il cestino si raffredderà, staccatelo dalla ciotola e usatelo al

giovedì 8 marzo 2012

TRA LE STELLE DEL CIEL E QUELLE DI ZUCCHERO



“Solo l’amore che riesce a rischiarare fitte nebbie,
che resiste alle tentazioni del sospetto,
che supera le prove insidiose della gelosia morbosa,
che sa parlare nel silenzio delle bocche;
solo l’amore che cavalca il coraggio per superare le paure,
che pianta radici nella fertilità di un terreno,
che affronta i pericoli per mettere in salvo il suo valore;
solo quell’amore che dosa affetto, tenerezza e passione,
che cura laddove c’è malattia,
che spezza le fila di un ordine precostituito,
che ha conosciuto il sapore salino delle lacrime,
e il gusto di una risata condivisa;
che ti fa sentire in pace anche in mezzo alle battaglie del vivere quotidiano,
che ti fa sperare vincendo lo sconforto di una resa vana,
che riesce a pensare in grande pur tra le piccole cose della vita,
ecco…
è quello il frutto che può definirsi amore,
è quello l’amore che proclamato e celebrato in astratto da poeti, scrittori, artisti, musicisti e romantici di ogni epoca…
diventa sentimento denso di attenzioni concrete e premure reciproche…”

…e a volte l’amore… ci spinge in cucina a preparare manicaretti o torte speciali di compleanno (magari come quella della foto che passo subito a descrivervi). L’aspetto “a macchie” è dovuto al fatto che ho versato lo zucchero a velo quando la torta non era ancora interamente raffreddata. La targhetta di Auguri illustra un mago dispensatore di stelle e ho scelto proprio quell’immagine perché l’amore è una di quelle stelle che occorre tenere sempre bella accesa (con cure, attenzioni e spontaneità) affinchè non diventi “solo” una stella cadente…



TORTA TRE STRATI ALLA CREMA DI LIMONE
Ingredienti:
Preparare prima la frolla con:
-       250 gr di farina di kamutt
-       150 gr di zucchero di canna
-       125 gr di burro a pezzetti (lasciarlo fuori dal frigo 1 ora prima)
-       1 uova
-       ½ bustina di lievito biologico
-       Un pizzico di sale
-       Qualche scorzetta di limone (non la parte bianca mi raccomando!)

Dopo che avrete bene impastato tutti gli ingredienti, formate una palla, avvolgetela nella pellicola e riponetela in frigo.
Nel frattempo
Per la crema al limone vi occorrono:
-       2 tuorli
-       100 gr di zucchero
-       2 cucchiai di farina
-       50 gr di burro
-       succo di limone (o ½ fialetta di aroma al limone)
-       200 ml di latte

Direttamente in un pentolino mescolate i tuorli con lo zucchero; aggiungete la farina e poi a filo sia il latte che il succo di limone. Mettete sul fuoco e aggiungete il burro. Continuare a mescolare fino a bollore (dovrete ottenere una crema densa). Poi togliete dal fuoco e lasciate freddare.
Per la torta morbida da versare sopra:
-       60 gr di farina di kamutt
-       65 gr di fecola di patate
-       3 uova
-       65 gr di burro
-       100 gr di zucchero a velo
-       1 bustina di vanillina
-       1 bustina di lievito biologico
-       1 pizzico di sale

Montate a neve gli albumi (con un pizzico di sale).
Sbattete i tuorli con lo zucchero. Poi con un cucchiaio di legno, aggiungendo gli albumi montati a neve, poi la farina, la fecola, la vanillina, il lievito, un pizzico di sale e da ultimo il burro fuso.

Poi prendi dal frigo la frolla, stendi con un mattarello a formare un disco da versare in una tortiera (usate sul fondo la carta da forno, o imburrate e infarinate la teglia…) lasciando i bordi un po’ alti.
Versate dentro la frolla la crema al limone.
E infine adagiate sopra l’impasto della torta morbida.
Cuocete a 180° (a forno caldo) per circa 25/30 minuti.
I tempi sono sempre relativi.