mercoledì 29 febbraio 2012

DISSETARSI



Ci si può dissetare con l'acqua...
oppure con quella curiosità che ci fa voltare, scrutare, scoprire...
ci si disseta con il tè verde, con spremute di arancia, con fresche limonate...
e poi (o prima di tutto...) con l'amore, i libri, i film, i quadri...
ci disseta anche l'azzurro liquido del cielo,
il bianco latte di statue antiche,
le lacrime di due occhi che baciamo,
ci disseta ogni nostra emozione
che sgorghi da una fonte pura, semplice, limpida
come un'anima vergine che riesce ancora a stupirsi
della sete...
...delle cose...
...di un brivido
...di un riflesso...
dell'abbraccio della madre vita...

lunedì 27 febbraio 2012

IL VIAGGIO INTORNO AL PIATTO...



Ritorno a parlarvi della mia passione per l’Oriente. Pur non avendoci mai messo piede, immaginare i colori, i profumi, i mercati, le stoffe e le spezie di quei luoghi mi da un forte senso di “viaggio”. Gran bella cosa il viaggio…
Viaggiare apre orizzonti di conoscenza che nessun insegnamento accademico, nessun racconto altrui, nessuna lettura può eguagliare…
Devi ritrovarti con le tue gambe a percorrere strade nuove, i tuoi occhi devono poter assorbire nuove immagini, le orecchie percepire suoni diversi, la lingua assaporare gusti prima ignorati, le mani accarezzare tessuti dalla trama sconosciuta…
E’ eccitante alzare lo sguardo cercando di catturare il cielo…è emozionante lasciare le proprie orme laddove non avremmo pensato di poter arrivare…
Il viaggio è innanzitutto uno stato mentale, quell’energia che ti spinge a incuriosirti della vita e dei suoi innumerevoli risvolti.
Non si viaggia solo percorrendo km, trasportando valigie o piantando bandierine lungo il tragitto… un viaggio nuovo inizia ogni volta che ci si spinge un poco più in là dei propri limiti mentali…
Il viaggio può essere una metafora, spesso è una conquista, a volte è un’esigenza, inizia sempre con un sogno. 
La cucina è un luogo; e anche in questo luogo vi si possono compiere dei lunghi viaggi. Viaggi del gusto, tragitti di sperimentazione. Le chiacchiere che vi si svolgono e i sentimenti che vi si coltivano sono Ingredienti da pretendere DOP, al pari di pasta, riso, verdure, condimenti e leccornie varie. Nei piatti che prepariamo e che facciamo uscire fuori dalla cucina riversiamo un pezzettino di noi; quella parte che vive sotto i nostri palati e che spesso si eleva sopra la nostra fantasia e che quindi si fa un gran bel viaggio ;)   

Passiamo alla ricetta:
“CAROTE ALLE MANDORLE ED UVETTA”

Ingredienti
-       carote
-       scalogno
-       mandorle affettate
-       uvetta passa
-       latte
-       olio, sale, pepe

Preparazione
Scaldare un po’ d’olio in una padella. Farvi imbiondire lo scalogno, aggiungervi le carote tagliate a rondelle. Dopo poco sfumare con del latte (in dose da coprire le carote). Dopo circa 5 minuti, aggiungere mandorle e uvetta, salare, pepare e continuare la cottura.
Lasciare cmq le carote un po’ croccantine, non proprio “mollicce”. ;) Se occorre, durante la cottura aggiungere latte (per far sì che si formi un po’ di cremina). Viceversa, se vi sembra che il latte sia troppo, verso fine cottura alzate la fiamma per farlo sfumare.
Se gradite i sapori agrodolci, si può aggiungere una spolverata di zucchero di canna.
Alla prox.
J
 



venerdì 24 febbraio 2012

PRIMIZIE, PIATTI E COLORI


…vi posto uno dei miei ultimi esperimenti ai fornelli: delle frittelline vegetariane. Sono sfiziose, veloci da preparare, ottime calde, ma anche tiepide. A dispetto del nome, vista la preparazione che segue, non si tratta di un “fritto unto” o pesante (e questo …sta a voi giudicare se sia un bene o un male…). Io personalmente evito i fritti e gli intingoli (pur non essendo un’estremista della privazione), ma qualche accorgimento permette di deliziare sia i puristi che i diffidenti. E allora, “andiamo” di padelle antiaderenti, fili di olio e pastelle essenziali e poco adorne.
Il piatto che vedete in fotografia è verde…verde come la speranza che vi piacciano queste frittelle, verde come i prati dove immagino spesso di sdraiarmi a guardare semplicemente le nuvole, verde come le primizie di stagione, come la calma, il colore che fa riposare gli occhi e rilassare l’anima…
In cucina, anche i colori, hanno il loro peso. E un tagliere, perché no!?, può trasformarsi nella tavolozza del pittore, ops, volevo dire nella tavolozza..dello chef J


Ingredienti:
-       carota
-       zucchina
-       (a piacere una patata. In questa versione io non l’ho aggiunta)
-       scalogno
-       poco vino bianco (o latte) per sfumare
-       100 gr circa di farina di kamutt
-       parmigiano
-       Acqua
-       Sale, olio, pepe, rosmarino


Grattuggiate la carota e la zucchina (a piacere potete aggiungere anche una patata). Versate in una padella un filo d’olio e fate rosolare lo scalogno tritato. Aggiungete le verdure grattugiate. Salate, pepate e dopo poco sfumate con un po’ di vino bianco (o latte). Cuocete per circa 5 minuti.
Nel frattempo preparate in una ciotola una pastella con la farina di kamutt, l’acqua fredda (quanto basta), una cucchiaiata di parmigiano, un po’ di sale e rosmarino.
Versate poi le verdure cotte dentro la pastella; aiutandovi con un cucchiaio versate l’impasto nella padella antiaderente (anche senza olio) distanziando le frittelline. Fate dorare da un lato, poi giratele e fate dorare anche dall’altro lato. Il risultato dovrebbe essere “morbidezza interna-crosticina croccante esterna”.
Un buon aperitivo o un secondo vegetariano. Potete decorare con la “sia-pur-inflazionata” glassa di aceto balsamico.
 





giovedì 23 febbraio 2012

"SALTA-IN-BOCCA" IL GUSTO...



Una ricetta che non ho certo inventato io…ma che ognuno poi “gestisce come meglio viene” (si può cambiare il tipo di carne, di vino, c’è chi ci aggiunge il formaggio, chi no, insomma in cucina “tutto fa brodo”. Rifuggo dagli schemi fissi e dalle regole rigide, anche e soprattutto, tra i fornelli. Ricordo una frase citata da un mio vecchio amico che vi propongo come chicchetta culinaria. Dice più o meno così “quando smetti di seguire alla lettera le ricette, e ci aggiungi del tuo, smetti di essere un cuoco, e diventi uno chef  ;)
Torniamo alla ricetta di oggi.
Trattasi di uno dei tipici secondi romani: i saltimbocca, appunto, alla romana.
Prima di trasferirmi a Roma, ero convinta che con questa espressione si intendessero, che so…delle polpettine, o dei bocconcini che potevi, appunto, farti saltare direttamente in bocca…
Poi, appreso quale sia il vero aspetto dei saltimbocca, ho provato a cucinarli anch’io.
Quelli che vedete in foto prevedono questa preparazione:

Ingredienti:
-         fettine di vitello, possibilmente tagliate abbastanza sottili (nel caso, battetele con il batticarne)
-         Farina
-         Prosciutto crudo
-         Salvia
-         Vino bianco
-         Sale, olio, burro, pepe

Prendete le fettine di vitello, già tagliate in rettangoli più o meno regolari ;)
Salate appena appena (non troppo, perché poi ci sarà già il saporito del prosciutto…), adagiarvi sopra la fetta di prosciutto crudo e una bella foglia di salvia. Unite il tutto con due stuzzicadenti. Infarinate poi per bene da ambo le parti questi fagottini.
In una padella fate sciogliere una noce di burro e un po’ d’olio. Quando caldo, rosolate i saltimbocca, sfumate col vino bianco. Quasi a fine cottura, aggiungete una macinata di pepe.
Se volete un po’ di puccetta, aggiungere una cucchiaiata di farina durante la rosolatura.
Servire ben caldo.
Buon appetito…che i saltimbocca vi saltino in bocca e …le buone idee vi rotolino in testa…
:D

mercoledì 22 febbraio 2012

TRA IL VOLERE E IL POTERE C'E' DI MEZZO UN PLUMCAKE



“Vorrei spiegarti i miei pensieri senza dover usare parole pesanti,
Vorrei starti vicino senza doverti invadere della mia presenza,
Vorrei poterti accarezzare senza agitare aliti di vento sulla tua guancia,
vorrei poter correre senza perdere mai il fiato,
vorrei poter dare materialità ai sogni senza perdere il gusto di continuare ad immaginare,
vorrei trovare un senso logico alle geometrie dei miei pensieri senza perdere la voglia di improvvisare,
vorrei poter scegliere senza dover scartare nulla,
vorrei poter annullare memorie tristi, paure lontane,
tornare leggera nel flusso del vivere,
vorrei...
senza dover volere…poter trovare”

E ora vorrei proporvi un dolcetto che ho chiamato il PLUM CAKE ALLE DUE “C” …ovvero CACAO & COCCO. Un abbinamento che può dare l’idea di un sapore troppo zuccherino, ma vi assicuro che in questo tipo di dolce i due gusti si amalgamano alla grande; già dal forno emergono i due punti di forza: l’odore estivo che sprigiona il cocco e quell’aroma di cacao, piacevole in ogni stagione.
Poi masticando, capita di incappare piacevolmente in qualche goccia di cioccolato; un intermezzo croccante tra la morbidezza dell’impasto che non è per niente secco, asciutto, ma anzi, il cocco e il latte gli danno quella consistenza tipica dei brownies. 
E’ un dolce che fa molto “merenda al sapore dell’infanzia”, ed è proprio per enfatizzare questa sensazione che vi consiglio di gustarlo con un bicchiere di latte freddo.
E’ un dolcetto che non contiene né uova, né burro (l’olio lo rende quindi più leggero).
Certo non è un prodotto dietetico, ma suvvia…ogni tanto uno strappo rende il tessuto della vita un po’ più carezzevole.

Ingredienti:
-       150 gr di farina di kamutt
-       150 gr di zucchero di canna
-       120 gr di cocco grattuggiato
-       1 bicchiere di latte
-       ½ bicchiere di olio di mais
-       ½ bustina di lievito biologico
-       50 gr di cacao
-       gocce di cioccolato fondente
-       un pizzico di sale

Occorre solo versare tutti gli ingredienti in un recipiente capiente e mescolare o con il frullatore elettrico (non il mixer, ma quello con le frustine) o anche con una frusta a mano.
L’impasto non deve essere liquido, va bene se è un po’ granuloso e denso.
Imburrare e infarinare una teglia (non troppo grande) per plum cake, versare e livellare il composto. Infornare a 200°per 30 minuti circa (regolatevi comunque con la solita prova dello stecchino…).
Servite decorando eventualmente con una spolverata di zucchero a velo, con qualche scaglia di cocco, o con un po’ di panna fresca.
E’ davvero un dolce libidinoso: da gustare al mattino o in qualsiasi momento della giornata in cui urge una coccola al palato.






martedì 21 febbraio 2012

GIOCANDO CON LE PAROLE...


Ci sono alcune parole che, al di là del loro significato intrinseco, hanno un suono già di per sé gradevole…altre che solo a pronunciarle hanno un chè di sguaiato, di poco fine, elegante…
Per esempio…prendiamo le parole: giocoliere, trampolino, arcobaleno, vibrazione, vento, violino, tulipano, carezza, veliero, trasparente, sublime, dipinto, dipingere, campanile, sussurrare….questi termini, pronunciandoli, evocano una sensazione positiva, di gaiezza, di leggerezza…sono parole musicali…
Invece proviamo a pronunciare queste altre: precariato (bocca che sembra tremare), turbolenza, castigo, lamento, telegramma, catena, iniettare, sgridare (ringhio tra i denti…)già al suono questi termini non fanno provare una bella sensazione dentro la bocca…restano infiltrate tra i denti come fastidiosa rughetta che rovina il sorriso…guarda caso, anche il loro significato preclude poi a sensazioni poco piacevoli…
Questo vale anche per alcune immagini evocate dai loro nomi: zucchero a velo (= sensazione di dolcezza infantile..)….riso soffiato (= senso di leggerezza)…penna stilografica (= sensazione di raffinatezza..), orchestra sinfonica (= musica che si spande nell’aria)..
Al contrario, fate la prova con questi altri: camera a gas (= panico), penna a stantuffo (= respiro affannoso), residui calcarei (= senso di nausea)…
Dopo questi esperimenti vocali….
Prendete le parole più belle che avete nel cuore…e con esse…intrecciate dialoghi con i vostri vicini…spargete vibrazioni musicali con le vostre dichiarazioni…infarcite i discorsi con termini armonici…fate in modo che dalla vostra bocca escano cose gradevoli…nel suono, nel senso, negli effetti…

venerdì 17 febbraio 2012

TRA LA GOLA E IL CUORE


Fondere due vite e’ un tentativo…
Riuscirci e’ l’emozione che vince…
Guardare il tramonto e’ uno spettacolo…
Vederci le stesse sfumature e’ liberare l’anima in volo…
Costruire il proprio orizzonte e’ un’architettura del pensiero…
Adoperare gli stessi materiali e’ un’affinita’ di ideali…
Fondere cioccolata è un piacere dei sensi…
Fondere due corpi e’ un’esplosione di istinti…
Fondere due anime e’ un valore aggiunto…
Quel movente che ti fa desiderare
di stare proprio con quella persona,
Dentro il suo mondo,
Anche in mezzo ai suoi guai…
Riuscire a non limitarsi all’oggi…
Ma desiderare di arrivare a domani…

Oggi mi andava di scrivere qualcosa di romantico, di sentimentale…perché non di solo pane vive l’uomo (e la donna…) ma anche di sentimenti belli, puri e semplici ;)
Quando si parla di amore sembra tutto così semplice…
E infatti l’amore E’ semplice.
Deve essere semplice, altrimenti è sicuramente qualcosa d’altro.
Può essere bisogno, appoggio, riconoscenza, proiezione di un orgoglio, di una sfida o di una fantasia.
L’amore vero è senza dietrologia, spiegazione o convinzione.
Ti raggiunge e basta. Lo provi e ti rende colmo. Lo ricevi e te ne senti grato. Ti senti libero.

 Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore.
Deve trattarsi di altro, perché amore e libertà vanno a braccetto,
sono due ali dello stesso gabbiano (Osho)

spesso invece, equivocando, si pensa che l’amore, o meglio l’amato/a possa toglierci qualcosa, possa farci sentire meno liberi. Ma l’amore vero e illuminato (NDR: a tal riguardo vi consiglio il libro “La coppia illuminata” di Fabio Marchesi) non sottrae nulla alla nostra vita, ma anzi la arricchisce, la rende più aperta, la porta a profondità maggiori. Del resto amore deve essere innanzitutto amore per se stessi, e solo quando si è riusciti a conquistare questa primaria fonte di amore, allora si è in grado di vivere un rapporto consapevole, non condizionato o condizionante, e quindi non limitante con sé e con un’altra persona. O con tutto ciò che ci circonda.
Chiudo il post con la ricetta facile facile che vedete in foto: delle pizzette di pasta sfoglia, veloci da preparare, sfiziose da gustare.



Ingredienti:
-       un rotolo di pasta sfoglia
-       una formina a cuore (quella per i biscotti)
-       concentrato di pomodoro
-       origano
-       sottilette (vi consiglio quelle ripiene che sono più cremose) o va benissimo anche della mozzarella
-       olio

Preparazione
Srotolate il rotolo di pasta sfoglia, con la formina ricavate tanti cuoricini.
Fate dei buchi con la forchetta (per evitare che si gonfi troppo la pasta sfoglia). Spalmate sopra ogni cuore un po’ di concentrato di pomodoro, versate un goccino di olio e un po’ di origano. Da ultimo un quadratino di sottiletta o un pezzetto di mozzarella.
In forno caldo a 180° per 30 minuti circa…et voilà..l’aperitivo è servito!!
J


giovedì 16 febbraio 2012

DILUIRE LE ASPETTATIVE E CUOCERE LE PROPRIE INTENZIONI



Quando si lavora fuori casa, e in più tutto il giorno, c’è sempre troppo poco tempo da dedicare ai fornelli…però…capita di avere voglia di invitare amici a cena…e allora piuttosto che rinunciare all’appuntamento socievole per mancanza di tempo…basta accontentarsi e non ambire per forza alla perfezione della tavola imbandita.
Basterà proporre un antipasto sfizioso, seguito da un semplice primo piatto (chi, nella dispensa, non ha almeno un pacco di spaghetti?), una bella ciotola di insalata mista, una macedonia et voilà…
Se si abbassa il livello di aspettativa, si possono salvare capra e cavoli. Cioè si riescono a mantenere rapporti sociali, e si impara a rimediare pasti decenti anche avendo a disposizione poco tempo e scarsi ingredienti.
Del resto le aspettative, in generale, non sono una buona cosa. Creano ansia, sono spesso inutili proiezioni di idee che hanno l’unico scopo di dimostrare (a chi???) di essere “bravi, belli, perfetti”…anziché far fermentare quelle idee, facciamole camminare…e dove ci condurranno si vedrà….non cerchiamo di anticipare i frutti delle nostre azioni. Manteniamoci liberi e spontanei. Liberi dai nostri stessi condizionamenti!
Oggi vi consiglio un antipasto di sicuro successo: mini croissant salati.
Il ripieno può variare, a seconda della fantasia e dei gusti personali.
Io ve li propongo in questa versione al prosciutto cotto e brie e ve ne do un assaggio attraverso la foto sopra ; )
Ingredienti:
-         un rotolo di pasta sfoglia
-         prosciutto cotto
-         brie
-         funghetti (o carciofini) sott’olio
-         un uovo (o latte) per spennellare
Preparazione:
Stendere il disco di pasta sfoglia e tagliarlo in otto triangoli.
Mettere al centro di ogni triangolo un po’ di prosciutto cotto, una fettina di brie e funghetti (o un carciofino) sott’olio.
Avvolgere il triangolo su se stesso, partendo da un lembo fino a formare un mini croissant.
Fare attenzione a non lasciare spazi aperti nella pasta sfoglia. Si può anche schiacciare i bordi o i lati. L’importante è che non ci sia il rischio di fuoriuscita ingredienti.
Spennellare la superficie con uovo sbattuto (o latte).
Infornare per circa 20 minuti a 180^.
Controllare cmq la doratura.
Si servono caldi. Ma sono ottimi anche tiepidi.
Basterà far seguire una spaghettata…prendendo quel pacchetto di spaghetti di cui sopra (dalla dispensa) e usando quel sughetto pronto dentro la padella…servitevi ;)



mercoledì 15 febbraio 2012

UN "CLASSICO"


C’è il ricco e il povero.
Una faccia della medaglia e l’altra.
Il semplice e il complesso.
Il grezzo e il raffinato.
I piatti di plastica e le preziose porcellane che fanno bella vista in cristalleria.
Le tovagliette all’americana e le pregiate tovaglie in lino.
Ci sono i primi alla buona, le spaghettate last minute tra amici e quelli sofisticati dai nomi prolissi e dalla lista degli ingredienti interminabile.
C’è la parte bianca del biscotto-gelato e quella nera che perisce per prima o per ultima a seconda dei gusti.
C’è il lato A di una persona (il suo sorriso incorniciato nel viso) e il suo lato B (che sempre per “s” comincia…).
C’è il dolce e il salato.
Lo yin e lo yang.
Il cinepanettone e il cinema d’autore.
Il pianto e la risata.
Il riso e la pasta.
Il bucatino e il rigatone.
Il caldo e il freddo.
Potrei andare avanti per ore…ma ho pietà di voi e dei miei neuroni e mi fermo qui ;)
Questo excursus tra gli opposti mi offre lo spunto per introdurvi nel piatto di oggi, in un certo senso antagonista del suo precedente: dopo la carbonara molto casareccia passiamo ad un piatto dalle sembianze più chic. Parlo del risotto alla crema di scampi, che annovera tanti estimatori, ai quali rendere giustizia con un post ad hoc.
Di certo una cosa ce l’hanno in comune: il fatto di essere due classici tra i primi piatti ed in genere non mancano mai nei menu di qualsiasi ristorante. 
    
Ecco gli ingredienti (dosi per 2 persone):
- 160 gr di riso
- 300 gr scampi
- panna vegetale (metà cartoncino)
- ½ litro di brodo vegetale
- vino bianco
- 25 gr di burro, 2 cucchiai di olio, sale e pepe
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            
Preparazione
In una padella far rosolare gli scampi (puliti e privati di chele, testa e coda) in un po’ d’olio e sfumare anch’essi con il vino bianco. Salare e pepare. Aggiungere la panna vegetale (1/2 brick circa) e cuocere (ci vogliono pochi minuti). Poi con il miniper frullate gli scampi e tenete da parte.
In un tegame far sciogliere il burro con 2 cucchiai di olio, far tostare il riso e sfumare con pochissimo vino bianco.
Poi proseguire con la cottura del riso, aggiungendo man mano il brodo e verso la fine della cottura anche la crema di scampi.
Mescolate bene con un cucchiaio di legno per mantecare bene.
Impiattate e decorate con uno scampo lasciato intero.
:)


martedì 14 febbraio 2012

L'INNOVAZIONE E LA TRADIZIONE



In cucina mi definisco senz’altro una sperimentatrice. Sono attratta dagli abbinamenti insoliti, innovativi e senza conoscerne il risultato, sono una di quelle che (non curandosi degli sguardi perplessi dei “puristi”) prova a mischiare i sapori dolci a quelli salati, ad aggiungere frutta nelle insalate, a creare insomma quegli accostamenti per i quali poter dire (o far dire) “non avrei mai pensato ma tutto sommato….legano davvero bene……”. Lì nasce la soddisfazione. Ecco mi piace superare i confini del gusto, i pregiudizi del sapore e spingermi oltre le frontiere dell’assaggio.
Quando si abbandona il “già noto” per qualcosa di nuovo…si “rischia” sempre di sorprendersi…e avere la possibilità di provare “meraviglia” è una grande cosa, a tavola, e nella vita in generale!
E’ proprio là dove non avresti mai immaginato che può trovare sfogo il tuo stupore.

“Il mondo non morirà mai di fame per la mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia” (G.K.Chesterton)

Però, con buona pace dell’assolutismo, capita anche a me di lasciare da parte il ricettario della cuoca un po’ folle e mi diletto anche a cucinare dei piatti tradizionali, semplici e genuini, frutto di una maestria che ha saputo attraversare la storia.
Attingo allora al “ricettario della nonna”, volgendo lo sguardo a quel tempo in cui gli ingredienti a disposizione erano pochi e poveri. Oggi, quei piatti, ci consentono, tra una sperimentazione e l’altra, di celebrare l’autenticità del sapore della tradizione.
E a proposito di tradizione e dei classici della forchetta…leggete e gustatevi questa mia carbonara…;)

Ecco gli ingredienti :
-    160 gr Pasta rigatoni o spaghetti
-         2 Uova (1 intero e 1 tuorlo)
-         Guanciale e 2 fettine di coppa
-         sale, pepe
-         parmigiano e pecorino grattuggiati

Preparazione
In una ciotola mescolate energicamente con una forchetta l’uovo intero e il tuorlo con il pecorino e il parmigiano che avrete in precedenza grattugiato (in dosi molto generose). Aggiungete pepe. Creare una pastella, non troppo densa, ma nemmeno troppo liquida, aggiungendo allo scopo il formaggio.
Portate a bollare l’acqua (leggermente) salata e buttatevi la pasta.
In un padellino antiaderente fate rosolare il guanciale tagliato a pezzetti (senza aggiungere olio)  e (questa è una mia variazione personale) e le 2 fettine di coppa pure tagliati a striscioline.
Quando la pasta sarà cotta al dente, scolatela, tasferitela in una zuppiera, aggiungete subito il guanciale rosolato, mescolate e poi mantecate con l’uovo sbattuto col formaggio.
Aggiungete del pepe macinato e una spolverata di pecorino una volta che avrete impiattato.

venerdì 10 febbraio 2012

LA FINTA FRITTATA


Come espresso in un post recente, nella vita, in generale, non mi piacciono le cose finte, le situazioni che sembrano qualcosa e sono altro o tutto il variegato panorama dei surrogati/succedanei delle sensazioni e dei sentimenti (propri e altrui).
Mi reputo in grado di "sopportare" le cose vere, anche qualora siano meno piacevoli di una versione alterata... 
Anche in cucina, del resto, i tentativi di stravolgere le versioni originarie delle ricette (per renderle più leggere, più salutari, più ecc. ecc.), risultano, non poche volte, fallimentari e i piatti anziché guadagnarci, spesso ci perdono (meno gustose, meno autenticamente genuine, ecc. ecc.).
Cmq, visto che non bisogna avere pregiudizi, nella vita, e anche a tavola….torniamo al titolo di questo post, e, in buona pace della coerenza, seguitemi, se vi va, in questa preparazione...
Allora cerco di accampare delle motivazioni per giustificare quell’aggettivo, “finta”, messo prima di frittata e di focaccia: la frittata è comoda da mangiare...ma non a tutti piacciono le uova.
La focaccia è un must di ogni aperitivo…ma può risultare pesante, per la presenza del lievito.
Allora perché non provare un modo alternativo per riprodurre una leccornia che unisca i pregi dei cibi sopra menzionati, annullandone le controindicazioni?
Dopo varie ricerche sui siti di cucina che di solito consulto, prendendo spunto un po’ di qua un po’ di là…ho provato una mia versione ibrida della farinata.
Si…è proprio quella della foto.
Può essere gustata sia calda, che tiepida. Man mano che si fredda, però, potrebbe risultare leggermente gommosa.
Tagliata a spicchi, può accompagnarsi piacevolmente a salumi, verdure fresche, ma supera la prova del gusto anche da sola, magari poggiata su un letto di rughetta olio sale e aceto balsamico.

Ingredienti (le dosi sono quelle della farinata in foto):
-         100 gr. farina di kamutt
-         ¾ di un bicchiere di acqua
-         2 scalogni piccoli
-         rosmarino
-         sale, pepe
-         parmigiano o pecorino

Preparazione
In una ciotola mescolate con una forchetta la farina con l’acqua (da versare poco alla volta), aggiungete un po’ di sale, pepe e rosmarino in quantità. Creare una pastella, non troppo densa, ma nemmeno troppo liquida.
Fate imbiondire gli scalogni tagliati a fettine in una padella antiaderente unta con un po’ di olio.
Sfumate con poco vino bianco e mettete il coperchio. Lasciate due minuti, poi togliere il coperchio e lasciare evaporare il vino.
Versate sopra la pastella e spalmatela su tutto il fondo della padella. E lasciate cuocere fintanto che la base non diventa solida, tanto da staccarsi facilmente (circa 5/10 minuti, a seconda dell’umidità della pastella). (Consiglio, ogni tanto schiacchiate un po’ la base). Girate e fate dorare anche dall’altra parte.
Impiattare versando sopra la farinata una dose generosa di parmigiano o di pecorino. A piacere aggiungere qualche ago di rosmarino fresco.

mercoledì 8 febbraio 2012

LA "CURA" DELLE PROPRIE PASSIONI...



Penso che cucinare per se stessi o per gli altri sia un gesto di cura, di attenzione, di rispetto, appunto di amore…
Amo preparare piatti non solo allo scopo di nutrire/rmi …ma per deliziare lo sguardo, e appagare tutti i sensi, non solo la gola.
Un pasto non deve essere “una scocciatura”, non deve servire solo a riempire la pancia. Ma deve diventare un’occasione di rispetto verso se stessi. Non sopporto chi, con la scusa di essere solo/a, si limita a piluccare in piedi e distrattamente pane, 2 fette di salame, così senza nemmeno assaporarne il gusto…giusto per togliersi la sensazione della “fame”.
Eh noooooo… siamo quello che mangiamo. E quindi più ci alimentiamo con amore ed attenzione, magari scegliendo sempre più spesso prodotti biologici, e più allontaniamo il rischio di problemi legati all’alimentazione o disturbi legati il più delle volte ad una cattiva scelta dei cibi o ad un modo scorretto di mangiare.
Noi introduciamo nel nostro organismo non solo ciò che c’è nel piatto, ma anche i sentimenti che vi riversiamo, mentre lo prepariamo. E se mangiamo in fretta, finiremo per ingerire insieme con quel cibo, anche la dose di ansia che nel frattempo abbiamo lasciato sfogare.
La gola trova sì appagamento nel sapore….
Ma un cibo si può anche udire (pensa allo sfrigolio dello scalogno nella padella, o al rumore croccante che una bella pagnotta casareccia produce quando viene affettata).
E si può annusare (pensa al profumo del basilico appena colto, o di una fetta di mortadella appena affettata…).
E può deliziare la vista (…un piatto decorato e ben presentato è già un invito all’assaggio. E’ così triste un piatto senza carattere!!).
E si può toccare (…dalla scelta di un pomodoro che sia sodo dipende la sorte di una caprese…).
E infine…
Intuire ciò che può piacere ai commensali è una sfida dell’intuito …e della fantasia…

Oggi vi propongo un dolce adatto per la colazione, ma anche per la merenda del pomeriggio, magari accompagnato da una tazza di tè verde al gelsomino.

Si tratta del “plum cake alla banana e tè matcha”. Esistono varie versioni, io opto per questa:



PLUM CAKE AL TE’ MATCHA, BANANA E CIOCCOLATO

Ingredienti:
- 100 gr. di zucchero di canna bio
- 100 gr. di farina di kamutt
- 80 gr. di maizena
- 2 uova
- 80 gr. di burro o olio di mais
- 2 cucchiaini di lievito per dolci (meglio se biologico o cremor tartaro)
- ½ cucchiaino di bicarbonato
- 1 banana matura
- qualche goccia di cioccolato fondente
- 2 cucchiaini di tè verde tipo matcha
- un pizzico di sale

Preparazione:
Sbattere con cura le uova con lo zucchero (meglio se con un frullatore elettrico). Aggiungere poco alla volta la farina e la maizena. Di seguito anche il bicarbonato e il lievito.
Infine il burro che, nel frattempo, avrete fatto sciogliere (o l’olio di mais) e un pizzico di sale.
Dividere poi il composto in due parti. In una aggiungere la banana schiacciata e qualche goccia di cioccolato. Nell’altra i due cucchiaini di tè verde matcha.
Mettere i due strati sovrapposti in uno stampo da plum cake (se lo stampo non è in silicone, occorre imburrarlo e infarinarlo). (Meglio versare prima il composto verde, e poi quello alla banana).
Cuocere in forno caldo a 180^ cc. Per 30 minuti cc. Valido, come controllo della cottura, la prova dello stecchino.
Buona merenda!
p.s. il tè matcha non si trova facilmente; provate nei negozi di alimentazione naturale o nelle botteghe del tè ; )