lunedì 30 luglio 2018

EOLIE...MON AMOUR



Le Eolie sono pietre preziose di terra incastonate nel mare cristallino della Sicilia. Di tutte le esperienze e le emozioni vissute in dieci giorni, per prima cosa voglio celebrare la calda accoglienza e l’ospitalità degli isolani. Non c’è stato luogo, pubblico o privato, in cui non abbia trovato un sorriso sincero o un modo generoso di ottenere indicazioni e consigli.
Il viaggio per approdare a Lipari è stato piuttosto lungo, se consideriamo che tra l’uscita di casa in direzione aeroporto di Fiumicino e l’attracco al porto di Lipari ci sono volute circa 10 ore; dopo l’atterraggio a Catania, un transfert ci ha portati fino a Milazzo e lì abbiamo dovuto attendere un paio di ore prima di poterci imbarcare sul traghetto. Comunque l’attesa è stata sfruttata in modo proficuo: una passeggiata sul lungomare di Milazzo, un pranzetto a base di arancino al pistacchio e un caffè in un bar storico vicino al porto.
Dopo un’ora circa di navigazione, ecco stagliarsi di fronte a noi le coste di Lipari, l’isola più grande e frequentata delle Eolie.
Scesi dal traghetto, ci imbattiamo nel primo incontro che si rivelerà fondamentale per i successivi dieci giorni: quello con Emilio, uno dei gestori del B&B Il cappero che ci è venuto a prendere per accompagnarci col pulmino alla struttura. Faccia simpatica, modi schietti, diretti e rilassati; la sua accoglienza, insieme a quella dei suoi colleghi Oscar e Maria, ci ha fatti sentire durante l’intero soggiorno più ospiti che clienti della struttura. I tre ragazzi gestiscono il B&B con abile professionalità e con quella passione che, nelle strutture ricettive, fa la differenza. Il B&B è situato in una zona tranquilla e silenziosa, distante dal porto e dal centro circa quindici minuti di passeggiata.
La camera è stupenda: ampia, fresca, con arredamento bianco, moderno e ben due affacci sul mare: una veranda spaziosa e un altro balconcino che si affaccia sul giardino fiorito del B&B.
La prima tappa, il cosiddetto Osservatorio, consigliatoci da Oscar come uno dei punti panoramici più belli, ci toglie il fiato. Sia perché per arrivarci, ci siamo dovuti inerpicare lungo un sentiero con una pendenza non trascurabile sia perché, una volta giunti in cima, lo spettacolo che si presenta davanti ai nostri occhi ci toglie, appunto, il fiato e le parole.

Dall’alto si distinguono le sagome di tre isole: Vulcano, Panarea e Stromboli. Un abbraccio della natura che ci fa immergere nel mare, disegnare i profili delle isole e delle colline di Lipari, perderci nel sole che sta tramontando.

Dopo questa visione, affrontiamo il tragitto del ritorno che, essendo in discesa, è decisamente meno faticoso. Il tempo di una doccia e ci ritroviamo a cena nel primo di una lunga lista di ristoranti raccomandati e consigliabili: E Pulera. Atmosfera di classe, tavoli in ceramica siciliana e lampade antiche ad illuminare l’ambiente. Ceniamo sotto un albero di chinotto: un carpaccio di tonno che si scioglie in bocca e le busiate (una pasta fresca acqua e farina) col pesto di pistacchio che ha un giusto mix di dolcezza e salinità. Ci concediamo anche un assaggio di pasticceria secca siciliana insieme alla mitica Malvasia, simbolo e vanto di queste terre, insieme ai capperi, ai cucunci (frutto del cappero) e ai cuccumeri (un ortaggio a metà strada tra il cocomero e il cetriolo).
I giorni a seguire sono stati scanditi da gite in barca o dalla scoperte di calette suggestive che abbiamo di volta in volta raggiunto via mare grazie al servizio di taxi boat “Luana”.
Le sere in cui non eravamo impegnati con i ritorni dalle escursioni, le abbiamo invece trascorse passeggiando e immergendoci nella vivacità del centro di Lipari e soprattutto di Marina Corta, la zona che ho preferito. Botteghe di artigianato, molti locali con musica dal vivo, un bel via vai di turisti, soprattutto francesi. 
In pochi minuti di navigazione da Calandra, il ritrovo delle barche presso Canneto, località a pochi chilometri dalla zona centrale di Lipari, abbiamo raggiunto in più occasioni le Spiagge Bianche. Una prima volta avvalendoci dei servizi dello stabilimento BluLounge, ben organizzato e dall’atmosfera rilassante; un’altra facendoci lasciare in una spiaggetta deserta, quella di Pietra Liscia, senza attrezzature, senza gente, senza niente. Solo il mare, una lingua di spiaggia e alle spalle quello che resta degli antichi stabilimenti di pietra pomice, da anni in disuso. Una parentesi alla Robinson Crusoe, allietata da letture e da riflessioni con lo sguardo perso verso l’orizzonte.
Un altro giorno ci siamo fatti lasciare alla spiaggia di Porticello, altro angolo di paradiso incontaminato, sempre lungo il tratto di costa delle ex cave di pietra pomice; lì abbiamo gustato un ottimo pranzo presso l’unico ristorante su quel tratto di spiaggia, Il fancappero, a gestione familiare: accoglienza divina, sapori genuini e cucina casereccia.  Le chiacchiere con la proprietaria, la signora Adriana, originaria di Sulmona e trasferitasi lì per amore dell’isola, insieme al suo compagno Marco, cuoco del locale, sono state il dessert gradevole, al pari delle loro pesche alla Malvasia.
Le escursioni più lunghe sono state quelle affrontate sulla Ulisse 1, barca guidata dal simpatico ed estroso comandante Salvatore e dal marinaio Andrea, esperto nel lancio delle meduse. Quando qualcuno dell’equipaggio ne avvistava qualcuna in mare che avrebbe disturbato la nostra sosta bagno, Andrea si tuffava, catturava a mani nude la “fitusa”, come viene chiamata qui la medusa, e la scaraventava a distanza di sicurezza.
Con la Ulisse abbiamo fatto le gite a Vulcano, a Panarea, a Stromboli, a Salina e circumnavigato tutta la costa sud occidentale di Lipari, ricca di calette con acque cristalline, grotte (come quella detta “del cavallo”, la grotta azzurra o quella “dell’amore” attorno alla quale, come canzonava il comandante, si cela la leggenda che in quell’anfratto marino “si entra in due e si esce in tre”) e faraglioni che, stagliandosi sulla superficie del mare con forme particolari, suggeriscono figure mitologiche o animalesche.
Ulisse 1

Veduta Osservatorio

Altra veduta Osservatorio

Vulcano e Vulcanello dall'Osservatorio


Finestre sul mare. Pietra Liscia
 Vulcano è un’isoletta abbastanza selvaggia. Il centro si sviluppa nei pressi dell’attracco delle imbarcazioni; c’è qualche negozietto, alcuni bar, banchetti di souvenir e un supermercato. Un odore acre di zolfo vi accoglie e vi stimola a provare, al costo di 3 euro, l’esperienza dei fanghi e delle acque sulfuree nella Pozza dei Fanghi delle Geoterme (vi raccomando, non più di venti minuti e, come ci aveva suggerito Concetto, un simpatico venditore di calamite prodigo di consigli, senza respirare i gas sulfurei per evitare malesseri). Unico effetto collaterale: dopo i fanghi tocca buttare il costume e l’abbigliamento indossato perché, vi assicuro, quell’odore non va più via, nemmeno dopo ripetute lavatrici. A Vulcano, ci rilassiamo alle Spiagge Nere, così chiamate perché essendo di origine vulcanica, la loro sabbia è, appunto, nera. Qui i fondali sono bassi e sabbiosi, l’acqua è cristallina, ci sono ampi spazi di spiaggia libera ma, volendo, anche stabilimenti con i servizi.
A Panarea, presso Calajunco, ho fatto uno dei bagni più belli, in acque verdi e trasparenti. La visita dell’isola, invece, si è rivelata un po’ deludente. Essendo presa d’assalto dai turisti che sbarcano a flotte e si riversano nel suo esiguo spazio di terra, la passeggiata nei vicoli stretti diventa un po’ claustrofobica, anche per il continuo passaggio delle macchinette elettriche dei taxi o dei mezzi utilizzati dalle strutture ricettive.
Stromboli e Salina sono le isole che ci hanno trasmesso più il senso di autenticità e di spirito incontaminato.
La sosta sotto la sciara di fuoco di Stromboli è stato uno dei momenti più emozionanti. In mezzo al mare, da una parte un sole rosso fuoco che pian piano si immergeva nel mare e dall’altra “Iddu”, come viene soprannominato qui il vulcano, che ha regalato due o tre esplosioni suscitando in tutti noi, spettatori in mezzo al mare, un mix emozionale di timore, adrenalina e fascinazione.
Un giorno intero siamo stati a bordo della barca di Barni, insieme ad una coppia di Treviso e a tre simpatiche ragazze siciliane. Dopo aver girato in lungo e in largo alcune delle calette più belle di Lipari e dopo una sosta paradisiaca presso le Piscine di Venere a Vulcano, siamo andati a pranzare tutti insieme presso Valle Muria, un luogo incontaminato e dall’aspetto selvaggio dove solo il servizio di Barni consente di fruire comodamente della spiaggia di sassi e di una pausa ristoro. A parte il suo piccolo e accampato chiosco dentro una grotta, non c’è altro in quella zona. La natura, la roccia e il mare sono i protagonisti assoluti di questo quadro impressionista.
A Salina, alle piscine salate e di fronte alla spiaggia di Pollara (che fu set del film “Il postino”), i bagni di mare più intensi. Mentre ci siamo allontanati con la barca dalle coste di Salina, ho percepito chiaramente nascere in me un sentimento di dolce malinconia, quelle emozioni che mi sorprendono quando sento che una parte di me resterà ancorata a certi colori, a certe visioni, a quelle suggestioni della natura che ci fanno immergere nella poesia viva delle cose.
Mi sono letteralmente innamorata dei luoghi e delle atmosfere eoliane. Nei miei occhi ho ancora davanti le mille gradazioni di blu e di verde del mare, le pennellate ora selvagge ora raffinate lungo i profili delle diverse isole; ho registrato nella memoria sensoriale sapori, odori, la fatica di certe salite, il calore di certe chiacchierate, il vento in faccia e il sale sulla pelle durante le attraversate in barca. Ricordi ai quali attingerò quando mi servirà pensare a qualcosa di bello o quando vorrò proiettarmi in un luogo dell’anima. In quei giorni tutto aveva un’aura magica: quella che si stende sui momenti di libertà e spensieratezza e consente di accorgersi della bellezza, dei luoghi, del tempo.
Come quelli vissuti sulla terrazza di Chiesa Vecchia, nei pressi di Acquacalda, località sul lungomare a nord di Lipari. Trattasi di un altro punto panoramico da dove, nelle giornate di cielo limpido, si riescono a vedere i contorni di tutte le isole: Salina, Filicudi e Alicudi da una parte e Panarea, Stromboli dall’altra.
Un affaccio che sa di infinito.

Vista da Chiesa Vecchia
Per quanto riguarda la parte gastronomica, infine, in questo post sostituisco il consueto spazio dedicato ad una mia ricetta con una rassegna scritta e fotografica di tutte le prelibatezze gustate in questa vacanza alle Eolie.

Le granite più buone le abbiamo assaggiate, a Lipari, presso la gelateria Giovanni D’Ambra e alla caffetteria La Vela, mentre a Canneto, presso il Bar Tano che, ad onor di cronaca, ci ha servito la brioche con il tuppo più buona. A Panarea, per la granita ci siamo fidati del consiglio di Salvatore e abbiamo fatto sosta al Bar Carola, in zona porto. Granita buona, ma brioche non all’altezza.
Il cannolo più goloso se lo aggiudica, invece, il ristorante “La Conchiglia”, collocato in un angolo del porto di Lipari, gestito dal signor Stefano che già con le sue presentazioni delle pietanze sa farti pregustare la genuinità e la passione della sua cucina.
Per il panino più buono cito un’osteria che è un’istituzione in quel di Lipari: Da Gilberto e Vera. Panini della tradizione, tavoli in legno, atmosfera rilassata e una fama che, tramite le recensioni e il passaparola, si è estesa ovunque, anche fuori dai confini dell’isola. Qui ci dicono, arrivano i turisti dalla Germania o da altre parti del mondo, per assaggiare uno dei mitici panini piastrati e croccanti di Gilberto, accompagnato da un calice di vino che l’oste consiglia in base al panino scelto.
Voglio citare quattro ristoranti dall’atmosfera fine, elegante, rilassata dove abbiamo gustato degli ottimi piatti a base di pesce: La trattoria del vicolo, L’Anfora, Il Corallo e La Cambusa. Il Corallo vince per gli spiedini di spada più gustosi e un tiramisù insolito e delizioso; la Cambusa per una cassatina che ha ribaltato il mio pregiudizio su questo dolce, che ho sempre considerato, appunto, troppo dolce, al limite dello stucchevole.  Pregiudizio scaraventato via dalla scoperta della ricetta autentica. 
Uno dei posti che abbiamo replicato è stato La Vela, che serve un piatto gigante di assaggi di alcune delle specialità siciliane più famose che, da solo, risolve la cena a due.
Il miglior pane cunzato (una sorta di pane secco ammorbidito e condito con pomodori, olive, capperi, tonno, mozzarella o con quanto altro suggerisce la fantasia dello chef di turno) lo abbiamo assaggiato alla tavola calda La Papisca, mentre il miglior primo piatto, spaghettino con le patelle, lo abbiamo gustato ad Acquacalda al ristornate Il tramonto.

Busiate al pistacchio di E Pulera

Granita di Giovanni D'Ambra

Piatto del Caffè La Vela 

Spiedini di spada del Corallo

Cassatina. La Cambusa

Tiramisù del Corallo

Panini da Gilberto e Vera
Spiedini del Fancappero. Porticello

Caponatina da Trattoria del Vicolo


Pane cunzato della Trattoria della Papisca

Malvasia e biscottini al sesamo

Dopo questo viaggio, ribadisco la mia attrazione per il concetto di isola. L’isola è uno spazio sospeso tra cielo e mare, dove la socievolezza non è una merce di scambio o un inevitabile compromesso. È insito nella natura dei suoi abitanti. Su di un’isola non si può dare nulla per scontato e le cose, i servizi (anche quelli più banali) diventano fruibili, qui più che altrove, solo grazie alla collaborazione solidale e all’ingegno della comunità e a volte i ritmi e le alternative sono decise prima dalla natura, poi dall’uomo. Questo mi trasmette un senso di grande armonia e fusione. E’ bello immaginare che la fuga su un’isola possa sempre trasformarsi in un piano B.

Lungomare di Milazzo


Marina Corta. Lipari

B&B Il cappero. Lipari

Marina Corta. Lipari

Piscine di Venere. Vulcano

Spiagge bianche

White Beach

Pietra Liscia

Calette

Passaggi segreti

Valle Muria

Relax cristallino

Vulcano. Terme

Panarea

Stromboli. Sciara di fuoco 

Strombolicchio

Panarea 
“Perché l’isola? Perché è il punto dove io mi isolo, dove sono solo: è un punto separato dal resto del mondo, non perché lo sia in realtà, ma perché nel mio stato d’animo posso separarmene” (Giuseppe Ungaretti)
“Al mare la vita è differente. Non si vive di ora in ora ma secondo l’attimo. Viviamo in base alle correnti, ci regoliamo sulle maree e seguiamo il corso del sole” (Sandy Gingras)
“All’orizzonte di quell’oceano ci sarebbe stata sempre un’altra isola, per ripararsi…o per riposare e amare. Quell’orizzonte aperto sarebbe stato sempre lì, un invito ad andare” (Hugo Pratt)
“Nessuno comprende l’altro. Siamo, come ha detto il poeta, isole nel mare della vita; tra noi si inserisce il mare che ci limita e separa. Per quanto una persona si sforzi di sapere chi sia l’altra persona, non riuscirà a sapere niente se non quello che la parola dice – ombra informe sul suolo della sua possibilità di intendere” (Fernando Pessoa)

Sguardo su Salina


Pietra Liscia


Mare e rocce

Tramonto 


lunedì 30 ottobre 2017

"AMMORE E MALAVITA"

Locandina del film

“Ammore e malavita” è un concentrato di generi diversi che confluiscono, fluidamente e con un ritmo incalzante, verso un’unica coerente narrazione: c’è musical ed action, ma anche commedia, sceneggiata napoletana e noir.
Quanto alle suggestioni si va dalle atmosfere (e location) alla Gomorra alle azioni alla James Bond, dalle canzoni neomelodiche ai toni esilaranti della migliore commedia.
Filo conduttore della storia è la scelta malavitosa che semina sangue, tradimenti imperdonabili e fughe rocambolesche, ma nella narrazione del crimine irrompe la forza dirompente dell’amore che può riscattare un passato oscuro e salvare da un presente dalle ore ormai contate.
Gli attori principali strepitosi: Carlo Buccirosso, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini e Raiz, ma anche gli attori minori e persino le comparse non fanno mai perdere quell’impronta di originalità, credibilità e intensità tipica dei Manetti Bros.

Per la ricetta di oggi, visto che il cinema mi ha catapultato in ambiente napoletano, vorrei riproporvi una versione veg di uno dei dolci più amati di Napoli: la pastiera. Avviso: puristi delle ricette astenersi. Giova gravemente alle contaminazioni ;-)

pastiera in versione veg

Ingredienti per la pasta frolla:
300 g di farina integrale di farro
100 g di zucchero di canna integrale
120 ml di latte di soia alla vaniglia
70 g di margarina di soia (o vegetale)
scorza e succo di 1 limone bio

Ingredienti per il ripieno:
200 g di grano cotto
200 g di tofu al naturale
2 cucchiai di fecola di patate
200 g di zucchero di canna
scorza di 1 limone
400 ml di latte di soia
30 g di margarina
vaniglia in polvere bio
cannella in polvere
aroma all’arancia o polvere di scorzette di arancia o scorza grattugiata d’arancia
(a piacere: pezzetti di cioccolato fondente)

Procedimento:
Per la pasta frolla: lavoriamo lo zucchero e la margarina e agguingiamo man mano la farina. Aggiungere il latte e impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Formare una palla e lasciare riposare in frigo avvolta nella pellicola trasparente per una mezz’oretta.
Per la crema vegana: mescolare in un pentolino antiaderente 2 cucchiai di fecola e 50 g di zucchero di canna. Mettere sul fuoco a fiamma bassa e unire lentamente 200 ml di latte di soia alla vaniglia, sempre mescolando per bene. Aggiungere la scorza di ½  limone e portare ad ebollizione e mescolare fino a far addensare la crema.
Per la crema di grano: versare in una pentola il grano precotto, aggiungere 200 ml circa di latte di soia alla vaniglia, 30 g di margarina, la scorza di ½ limone e la vaniglia in polvere. Far bollire il tutto a fuoco dolce, mescolando fino ad ottenere una crema densa e senza grumi. Quando è pronta, lasciate raffreddare.
Per la crema di tofu: frullare 200 g di tofu al naturale insieme a 150 g di zucchero di canna, fino ad ottenere un composto liscio. Aggiungere 1 cucchiaino raso di cannella, un altro di vaniglia in polvere e un altro di scorzette di arancia essiccate (o scorzette di arancia).
Amalgamare tutte e tre le creme ottenute. A piacere potete aggiungere dei pezzettini di cioccolato fondente.
Stendete la pasta frolla e foderate una tortiera con cerniera apribile (precedentemente oliata e infarinata) tenendone da parte un pò per le striscette.
Versate il ripieno sulla frolla. Decorate con le striscette, spennellatele con latte di soia e infornate a 180° per circa 60 min o fino a completa doratura.
A fine cottura spegnere il forno, ma aspettate che la torta si raffreddi prima di impiattarla.





venerdì 29 settembre 2017

"ATTRAZIONI COSMICHE"



“Attrazioni Cosmiche”, in scena al Teatro de’ Servi fino al 15 ottobre è il nuovo spettacolo teatrale di Marco Cavallaro, con testo di Giovanna Chiarilli, liberamente tratto dal romanzo “Orgasmo Cosmico” di quest’ultima, autrice fine e dotata di una naturale e scoppiettante vena ironica.
Una commedia divertente, interpretata da bravi attori dal piglio naturale e dalle movenze sicure, rilassate e snodate: lo stesso Marco Cavallaro, Ramona Gargano, Maria Chiara Centorami, Maria Lauria, Marco Maria Della Vecchia e Marzia Verdecchi.
Quattro amici gestiscono un pub ristorante e si ritrovano alla vigilia di un capodanno speciale in cui i fuochi d’artificio e i botti di fine anno saranno in realtà costituiti dalle loro piccanti e sconvolgenti rivelazioni. Nei loro dialoghi scorre tutta la gamma di sentimenti e di dinamiche umane: storie che naufragano, tradimenti confessati, amicizie messe alla prova e attrazioni che sembrano governate da forze misteriose e inevitabili.
Non è semplicemente un quadro dei vizi e delle virtù che governano i rapporti umani o solo una frizzante e ironica rappresentazione delle differenze tra uomini e donne. L’anima dello spettacolo sta in quel “disperato bisogno d’amore” che ci può fare inciampare in quegli stessi errori che recriminiamo agli altri. Siamo tutti capaci di giudicare gli altri, di dare consigli, di sentirci “vittime”…però quando le misteriose forze cosmiche calano su di noi, siamo capaci di sottrarci ad esse e di elevarci al di sopra di quel momentaneo ed effimero appagamento del proprio ego che ci fa commettere gesti sui quali noi per prima puntiamo il dito? Siamo in grado di resistere all’illusione di poter colmare quei vuoti affettivi che, in realtà, solo un profondo lavoro su se stessi può rendere meno abissali?
L'autrice pone ognuno dei protagonisti faccia a faccia con le proprie debolezze, in un crescendo di intrecci fisici e connessioni empatiche. 

Il cast artistico 

Come ricetta del giorno, vi consiglio un ciambellone rustico alle mele; riuscite già ad immaginare l’aroma di mele, cannella e nocciole??
Ciambellone vegan mele, cannella e nocciole

Ingredienti:

-   300 gr di farina di farro integrale
-   150 gr di zucchero di canna integrale
-   1 bustina di vanillina
-   Scorza grattuggiata e succo di un limone
-   cannella
-   Bustina di lievito biologico per dolci
-   200 ml circa di latte di riso aromatizzato alla vaniglia (o altro latte vegetale)
-   50 ml circa di olio di mais
-   Granella di nocciola
-   2 mele grandi
-   Margarina vegetale
-   2 cucchiai di sciroppo d’agave

Preparazione:

Tagliate le mele in pezzetti piccoli; fateli saltare in padella con una noce di margarina vegetale, succo di limone e due cucchiai di sciroppo d’agave.
Riunite in una ciotola la farina, lo zucchero, la vanillina, la scorza di un limone, la cannella e il lievito.
Mestolate con cura.
A parte mescolate il latte vegetale e l’olio di mais.
Riunite liquidi e farine e mescolate con cura. Se occorre aggiungete altro latte o succo di limone.  
Aggiungete anche le mele aromatizzate.
Versate in una tortiera (io ho usato una tortiera di silicone a forma di ciambellone) e decorate con granella di nocciole e un po’ di zucchero di canna.
Infornate per circa 40 minuti a 160°circa.
Prima di sfornare, fate la solita prova stecchino.


lunedì 25 settembre 2017

GATTA CENERENTOLA

Locandina del film 
Gatta Cenerentola è un bel film, cucito sartorialmente su un tessuto dalla trama noir e interpretato da voci esperte (tra le voci protagoniste quelle di Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone e Alessandro Gassmann) e ambientato in una Napoli portuale del futuro, afflitta dal vizio antico del malaffare che la deturpa e che ne fa naufragare i sogni più puliti e coraggiosi; il gruppo autorale (Alessandro Rak, Dario Sansone, Marianna Garofalo, Marino Guarnieri, Ivan Cappiello e Italo Scialdone) è riuscito nell’obiettivo ambizioso di elevare l’animazione a linguaggio, perché essa, appunto, non è solo un genere, ma un modo diverso, ma non per questo meno efficace e trasversale, di raccontare storie; surreale, poetico, visionario, duro, crudo e futuristico con quelle pennellate di cinismo e di speranza che sono proprie di ogni tempo e di ogni favola.
La favola è quella di Mia, una ragazzina che è diventata muta da quando la camorra le ha ucciso il padre, costretta a crescere in un covo di vipere, con la matrigna compagna di un boss camorrista, cinque sorellastre e un frattellastro che ne scherniscono l’anima pura e fragile fino a quando Primo Gemito, ex scorta di suo padre, cerca di riportare la legalità nel porto di Napoli e di sottrarre Mia a quell’ambiente squallido.


La ricetta di oggi è un dolce, morbido e friabile al tempo stesso, adatto per la colazione o anche la merenda nei primi giorni di atmosfera autunnale.

Torta frolla alla crema di limone

Ingredienti per la frolla:
200 g di farina di farro integrale
100 g di farina di grano saraceno o di riso
100 g di margarina vegetale
100 g di zucchero di canna integrale
1 bustina di preparato “senz’uovo” (in vendita nei negozi di alimentazione naturale. Però potete fare anche senza aggiungendo un po’ di latte per impastare)
1 bustina di lievito vanigliato
scorzetta di limone

Ingredienti per la crema:
500 ml di latte di soia vanigliato
70 ml di sciroppo di agave
50 ml di olio di semi di girasole
40 g di fecola
10 g di farina di riso
scorza di 1 limone grattugiata

Procedimento:
Preparate la crema, sciogliendo la fecola, la scorza di limone e la farina con qualche cucchiaiata di latte (circa 50 ml). Intanto portate a bollore gli ingredienti liquidi. Unite il composto e far cuocere per qualche minuto. Mettete la crema a raffreddare. Per la pasta frolla, mescolate gli ingredienti secchi, fate una fontana e nel centro mettete la margarina ammollata e mescolate fino a formare una frolla sbriciolata (non deve diventare un panetto compatto). Prendete una teglia non troppo grande (35 x 20 cm circa) copritela con carta forno e sbriciolate metà impasto: deve risultare tutto grumoso sul fondo. Aggiungere la crema a cucchiaiate, livellate come riuscite e ricoprite con l’altra metà di frolla sbriciolandola sopra la crema. Decorate con lamelle di mandorle e un po’ di zucchero di canna. Cuocete in forno caldo a 190° per 25-30 minuti. Fate raffreddare prima di servirla.



giovedì 13 luglio 2017

ZACINTO MIA...



Spiaggia del Relitto 

“...Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso...” (Ugo Foscolo)

C’è un senso di familiare accoglienza, semplicità ed essenzialità che accomuna le isole greche. Quest’anno è stata la volta di Zante, (o Zacinto o in greco Ζάκυνθος, Zákynthos).
Così come avevamo approcciato Creta l’anno scorso, anche per Zante ci siamo affidati ad un “giro girotondo” dell’isola, per poter scoprire la diversità di paesaggi che essa può offrire.
La nostra base di appoggio, per dieci giorni, si trovava nel villaggio di Kalamaki, località tranquilla e appartata pur essendo dotata di molti ristoranti, locali, cocktail bar, alberghi, un grande parco giochi, nota soprattutto per la sua baia sabbiosa, luogo di deposizione delle uova delle tartarughe Caretta Caretta.
La spiaggia è attrezzata e i bagnanti sono tenuti a rispettare alcune regole per preservare l’ambiente e non turbare la nursery delle tartarughe.
A pochi chilometri, un altro villaggio molto frequentato è Argassi. Più movimentato di Kalamaki, nella sua strada principale una sfilza di trattorie, agenzie di navigazione, negozi di souvenir e anche qui alberghi e studios per i turisti. E’ la più antica stazione balneare di Zante, un chilometro di spiaggia stretta, con sabbia fine e ghiaia, tante insenature e sullo sfondo il Monte Skopos.
Il capoluogo dell’isola, dal nome omonimo, sorge a pochi chilometri da Kalamaki e da Argassi. Meta ideale per passeggiate serali.
La zona lungo il porto di Zante è ricchissima di snack bar, taverne (anche se un pò troppo sul genere turistico), negozi di ogni genere che sfociano nella Piazza Solomos, dedicata al più grande poeta nazionale Dionisio Solomos, autore anche dell’inno nazionale della Grecia. Adiacente ad essa Piazza San Marco, circondata da numerosi pub e che mi è parsa il punto di incontro preferito anche dai giovani del posto.
In una delle viuzze adiacenti il porto, c’è quella che fu la casa di Ugo Foscolo, ora allestita a museo, con il monumento sepolcrale con la statua dell’Angelo piangente.  
Inerpicandosi per la collina si giunge in un punto panoramico molto suggestivo: Bochali, minuscolo paesino costituito solo da qualche ristorantino, una chiesetta con le icone bizantine e ciò che resta di un antico castello, arroccato in cima ad un promontorio dentro le cui braccia è contenuta tutta la vivacità e, se ci andate di sera, tutte le luci di Zante.

L’altra località famosa è Laganas, ma a meno che non siate adolescenti in crisi ormonale o che abbiate voglia di fare baldoria, tenetevene alla larga, soprattutto dal tramonto in poi. Abbandonata la lunga spiaggia piuttosto commerciale, da una certa ora in poi troverete solo cocktail bar, negozi di alcolici, night club, flotte di ragazzini in cerca dello sballo e tanta, tanta confusione.

Quanto alle spiagge ce n’è per tutti i gusti. Capita spesso di trovare posticini niente male dove, prima della spiaggia, si ha una vasta e comoda area di giardino con l’erba dove potersi rilassare avendo a disposizione sdraio, lettini ed amache; per esempio a Porto Azzuro, in zona Vassilikos (un villaggio dopo Argassi, molto frequentato e ricco di stabilimenti e strutture) o a Caminia Beach (poco distante da Argassi), la prima più frequentata e suggestiva, la seconda più appartata e con meno bagnasciuga, ma con una suggestiva zona coffee break allestita direttamente sul mare (vedi foto); poi c’è la famosa e facilmente fruibile Banana Beach, con sabbia fine, giochi acquatici e stabilimenti attrezzati; la più selvaggia Dafni, con alcuni stabilimenti che offrono lettini e ombrelloni in cambio di consumazioni al bar o al ristorante collegato, ma anche angoli di assoluta tranquillità e solitudine; Marathias, priva di attrezzature, più difficoltosa da raggiungere lungo un percorso accidentato, ma che offre una suggestiva spiaggia di ghiaia affacciata all’isola di Marathonissi e acque cristalline e poco frequentate.
Merita anche Xigia, lungo la costa settentrionale di Zante e a pochi chilometri dal villaggio di Alykes. Spiaggia dai colori tropicali e paesaggio suggestivo, la baia si trova ai piedi di una scogliera a picco sul mare ed è bagnata da acque cristalline e sulfuree, ideali per la pelle e utile in alcune patologie del sistema respiratorio.
A Xigia abbiamo trovato una delle taverne più buone e belle dell’isola (Taverna Xigia, appunto). Gustare un pasto affacciati nel turchese della baia è stato uno dei quadretti più emozionanti.
L’altra esperienza culinaria che ci ha soddisfatto è stata alla Taverna Akrotiri, nel villaggio omonimo, dove siamo stati accolti in un ambiente rilassato e familiare (particolare il fatto che qui si presentano direttamente al tavolo con un vassoio enorme pieno di una vasta gamma di portate tradizionali e dal quale si può scegliere ciò che si vuole, potendo appagare la vista prima ancora del gusto).
Zante è famosa soprattutto per due tappe d’obbligo: la spiaggia del Relitto e l’isola di Marathonissi, nota come isola delle tartarughe.
Segnalo che entrambe le destinazioni si possono raggiungere soltanto via mare, avvalendosi di una delle tante agenzie di navigazione situate in ogni villaggio dell’isola. Di solito partono gite sia al mattino che al pomeriggio e tra pick up, soste per le nuotate e per le foto, in entrambi i casi impiegherete come minimo 4 ore. Ci sono però anche gite di un giorno intero oppure, avvalendosi di circuiti meno organizzati, forse riuscirete a ritagliarvi esperienze più raccolte e meno dispersive.
L’isola del Relitto è un quadro dai colori perfetti. L’azzurro del cielo, il turchese del mare, il dorato della spiaggia, l’ombra della roccia e il verde della vegetazione selvaggia. Il Navagio ha un solo difetto: è presa sempre d’assalto dai turisti. Flotte di barche, navi e imbarcazioni varie che scaricano i turisti ad ogni ora della mattina e del pomeriggio. Magari poterci andare di notte!! ma si perderebbe la visione di quella straordinaria tavolozza di colori di cui vi raccontavo sopra.
Se sarete fortunati come lo siamo stati noi la gita all’isola delle tartarughe vi regalerà l’emozione incredibile di avvistarne qualcuna riafforare elegantemente e per pochi secondi sulla superficie dell’acqua per tornare poi ad immergersi negli abissi profondi.
Altri due scorci meritano una menzione: Porto Limnionas che è uno dei posti più belli e selvaggi dell’isola. Un vero e proprio fiordo, in cui le sfumature di azzurro e verde del mare e la trasparenza dell’acqua lasciano a bocca aperta. Qui il mare è bello soprattutto per i suoi fondali e per le sue grotte; non c’è spiaggia, ma rocce piatte sulle quali eventualmente stendere un asciugamano e terrazze con sdraio e ombrelloni che però non sempre riescono a soddisfare le richieste (soprattutto se ci andate durante il weekend e a mattino inoltrato).
Poco distante da Porto Limnionas c’è Porto Roxa, un altro fiordo per raggiungere il quale occorre scendere dei ripidi scalini di roccia che portano al mare; per i più coraggiosi c’è a disposizione un trampolino a quattro metri di altezza per tuffarsi in acqua.
Lungo la strada per arrivare al fiordo ci sono alcune taverne che in cambio di un pasto, mettono a disposizione dei clienti ombrelloni, lettini e veri e propri letti/amache gratis per tutto il giorno. 

Zante è l’isola degli ulivi, del canto ininterrotto dei grilli, dei nidi delle tartarughe protetti in molte delle sue spiagge; Zante ha il sapore della feta, del liquore alla cannella o alla resina, l’odore della pita; ha un suono musicale, soprattutto vintage, sempre in sottofondo; ha quell’emotività delle persone semplici che ti accolgono con il poco che hanno e te lo offrono col cuore (non è raro, soprattutto nelle taverne più tradizionali e a gestione familiare che a fine pasto,  ti offrano un dolce o della frutta in segno di ringraziamento e di benvenuto); sono le piccole attenzioni che fanno sentire ospite, prima ancora che cliente. Pur essendo un’isola, definirei la sua cucina piuttosto montanara (carne, carne e sempre carne sulle griglie ad ogni ora), pur potendo contare anche su un’ampia scelta di pescato; il suo dolce tipico è la frigania, una specie di pan di spagna imbevuto di uno sciroppo al miele, con crema di latte alla vaniglia, panna e cannella.

E visto che a volte un’immagine vale più di mille parole, vi lascio sognare davanti a questi piccoli quadri di assoluta bellezza.

Kalamaki Beach

 
Porto Azzuro (Vassilikos)


Spiaggia di Xigia

Acque sulfuree di Xigia

Dolce sosta alla Taverna Xigia

Feta con miele e sesamo

Gattini di Zante

Banana Beach
Banana Beach garden

Mappa delle nursery delle tartarughe

Taverna Akrotiri


Dafni Beach
Insolite postazioni a Dafni Beach

Dafni selvaggia

Coffee break a Caminia Beach
Caminia Beach
Insolite presenze a Caminia Beach
Caretta Caretta

Navigazioni sublimi
Blue Caves

Nuotate nel verde cristallino
Marathias
Sosta a Marathias



Porto Limnionas
Porto Roxa
Tuffi a Porto Roxa
Relax a Porto Roxa
Tramonto a Roxa
Perdersi nel blu

Per la ricetta, vi propongo un dolce da colazione morbido, leggero e delicato.
Plum cake vegan al limone e cocco


Ingredienti:
- 200 g di farina di farro integrale
- 30 gr di farina di avena integrale
- 20 gr di farina di riso
- 80 g di zucchero di canna integrale
- un pizzico di sale
- 30 ml di olio di mais
- 1 bustina di cremortartaro
- il succo e la scorza grattugiata di un limone non trattato
- 200 ml di latte di cocco (sciolto a bagnomaria)
- semi di papavero (a scelta)


Procedimento:
Riunite gli ingredienti secchi in una ciotola (farine, zucchero, lievito, un pizzico di sale). Aggiungete l’olio, il succo e la scorzetta di limone e il latte di cocco.
Mescolate tutto con cura con una spatola, aggiungendo eventualmente i semi di papavero, versate in uno stampo da plum cake oliato e infarinato e cuocete a forno caldo (180^) per 35/40 minuti.

Piazza Solomos a Zante

Casa Museo di Ugo Foscolo

Panorama notturno da Bohali